
S’intitola “Ti trasmetto quello che ho ricevuto” la quinta lettera pastorale del Vescovo di Ragusa, monsignor Giuseppe La Placa, ed è indirizzata ai sacerdoti. È stata diffusa oggi al termine della messa crismale nel corso della quale i presbiteri hanno rinnovato in cattedrale le loro promesse. Una lettera che giunge in un momento particolare per la Chiesa di Ragusa che vive un momento di profonda gioia, celebrando il suo Giubileo per i 75 anni dalla sua fondazione, che si intreccia con il Giubileo Ordinario della Speranza indetto dal Santo Padre Francesco per il 2025.
Il Vescovo si sofferma sull’identità del sacerdote e traccia alcune riflessioni sulla pastorale vocazionale e, in particolare, sul dono ricevuto che si fa testimonianza. “Il Papa ci insegna che la parola migliore da offrire sul sacerdozio – scrive monsignor La Placa scandendo le conclusioni – è quella che si fa testimonianza, una testimonianza che ciascuno di noi ha ricevuto da qualche figura sacerdotale, che ci ha guidato e indirizzato nella nostra scelta di vita. Vi invito caldamente a riflettere su questo, perché, nella nostra umiltà e senza alcun orgoglio, attraverso questa modalità noi stessi diventiamo testimoni per gli altri, e possiamo, a nostra volta, dire: ‘Ti trasmetto ciò che ho ricevuto’ “.
Monsignor Giuseppe La Placa pone l’accento, in particolare, sulla pastorale vocazionale, un aspetto del suo episcopato cui dedica grande attenzione. “Se accanto a ogni strategia, anche la più geniale, non vi fosse un modello di testimonianza, un esempio concreto da seguire, tutti gli sforzi rischierebbero di risultare vani. La miglior pastorale vocazionale che, come sacerdoti, possiamo offrire a chi desidera ascoltare più chiaramente la voce del Signore che chiama, è quella che emerge dalla nostra stessa vita. È evidente – aggiunge più avanti – che sono innanzitutto i presbiteri i primi testimoni della vocazione al sacerdozio. Questi ultimi, nella misura in cui sapranno offrire una testimonianza di spiritualità, slancio pastorale, gioia, amicizia e condivisione, riusciranno a trasmettere, più che con le parole, il fascino di una vita spesa totalmente per l’impegno apostolico. La gioia con cui ogni presbitero vive il proprio ministero favorirà l’attenzione a cogliere i segni di vocazione presenti nella vita dei giovani che incontra”.