Il futuro degli stabilimenti Versalis di Ragusa e Priolo passa per la loro riconversione . Questo quanto emerso al termine del vertice convocato a Roma dal Ministro delle Imprese Adolfo Urso.
“Un paletto importante e imprescindibile– spiegano i senatori di Fratelli d’Italia Salvo Pogliese e Salvo Sallemi- per tutelare, come nostra intenzione e come esplicito obiettivo del governo Meloni, il futuro occupazionale dei dipendenti Versalis e di tutto l’indotto. Si tratta- aggiungono- di un primo passo importante e a stretto giro ci si concentrerà su tavoli regionali in grado di analizzare in maniera capillare il piano di investimenti e i cronoprogrammi dell’azienda. Il ministro Urso ha dato dimostrazione pragmatica della volontà di non perdere investimenti nodali per il sud est siciliano e noi continueremo a portare la voce del territorio nei successivi confronti con Eni. Adesso è il momento, da parte di tutti, della responsabilità evitando strumentalizzazioni di sorta, registrando invece positivamente l’apertura di un confronto e di un percorso di riconversione. Siamo consapevoli di essere in una fase cangiante e mutevole per il mercato delle fonti energetiche ma l’obiettivo principale è scongiurare la de industrializzazione e proseguire nella transizione tutelando i lavoratori”.
Di diverso parere i vertici nazionali di Cgil e Filctem Cgil che hanno dichiarato: “l’azienda ha confermato la volontà di procedere alla ristrutturazione delle attività, con la chiusura degli ultimi due impianti di cracking, a Priolo e Brindisi, e la chiusura totale del sito industriale di Ragusa, che producono i prodotti della chimica di base in Italia. Chiusure che, dopo quelle avvenute negli ultimi anni a Porto Torres, Gela e Porto Marghera, oltre a comportare la perdita a cascata di migliaia di posti di lavoro, significa porre fine alla produzione di questi prodotti, fondamentali poiché l’80% di essi viene utilizzato da tutti gli altri settori industriali del nostro Paese. Eni è un’azienda partecipata dallo Stato con una quota rilevante, non può comportarsi come un qualsiasi fondo finanziario che agisce solamente per aumentare la profittabilità degli investitori. Il Governo impedisca questo scempio”.
“Le produzioni chimiche nel nostro Paese – sottolineano – hanno la necessità di mantenere una loro forte integrazione, e questo piano rischia di mettere in discussione tutti gli altri stabilimenti come Ferrara, Mantova, Ravenna, causando un effetto domino di portata devastante dal punto di vista industriale e sociale, che riguarderebbe, tra occupati diretti e indotto, oltre 20.000 persone”.
Per Cgil e Filctem “in questo modo si guarda all’interesse degli azionisti, che lamentano le perdite derivanti da una crisi congiunturale legata alla sovraproduzione cinese e al rallentamento della produzione industriale mondiale. Ma ciò che si determinerà – ribadiscono – avrà impatti gravissimi, perché indebolirà ulteriormente il tessuto produttivo italiano e ci condannerà, anche in questo settore, alla subalternità delle importazioni estere, esponendo la fragilissima competitività delle nostre aziende alle ben più forti e consolidate dinamiche dei mercati mondiali. Una lotta impari, aggravata dalle tensioni geopolitiche che rappresentano un rischio gravissimo per il nostro Paese”.
“Siamo convinti- proseguono- che il ministro Urso sbagli a ritenere positiva la riconversione annunciata dall’azienda. Perché Eni si limiterà svolgere di fatto la funzione di intermediario sull’acquisto dei prodotti della chimica di base, non potendo agire per soddisfare i bisogni nazionali. Esattamente come già avvenuto durante il periodo della pandemia”.
“Chiederemo al Governo che al tavolo per la chimica convocato per domani si discuta di come impedire questo scempio. Il sovranismo – concludono Cgil e Filctem – non può essere la risposta alla crisi, ormai evidente dopo venti mesi di calo della produzione industriale. Vanno introdotte azioni e strategie concrete per garantire la competitività delle imprese italiane, evitando di esporle a rischi di mercato legate a dinamiche internazionali e dunque non governabili”.