Si celebra oggi 28 settembre l’International Safe Abortion Day, la Giornata internazionale per l’aborto sicuro. Un diritto che a oggi non è riconosciuto in molti Paesi del mondo, o lo è con molte restrizioni, e che anche in Italia, dove è stato sancito nel 1978, non sempre risulta esigibile nella pratica.
Com’è noto la legge 194, “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”, fu il risultato di lunghe battaglie politiche e civili. Nata come soluzione di compromesso, se da un lato afferma, in linea generale, la possibilità di interrompere la gravidanza entro il novantesimo giorno di gestazione, dall’altro contiene alcune previsioni che, di fatto, negli anni si sono tramutate in un serio limite alla sua attuazione.
All’articolo 9, infatti, la legge ammette l’obiezione di coscienza del personale sanitario e ausiliario, alla quale si è fatto ricorso in misura tale da compromettere l’effettività stessa del diritto. Secondo i dati forniti dal Ministero della Salute nel 2023, negli ospedali pubblici italiani obietta il 63,4% dei ginecologi, il 40,5% degli anestesisti, il 32,8% del personale non medico. Si tratta di medie nazionali, ma in certe regioni i numeri sono nettamente più alti. In Sicilia, in particolare, i ginecologi obiettori salgono addirittura all’85% e gli anestesisti al 69,8% (sono le percentuali più alte del Paese). In ben 11 regioni c’è poi almeno un ospedale con il 100% di obiettori: Abruzzo, Basilicata, Campania, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto.
Altro fattore significativo nel depotenziamento della legge è la difficoltà di accesso ai consultori familiari pubblici, in numero inferiore ai bisogni della popolazione (quasi uno per 30.000 abitanti, contro la previsione di uno ogni 20.000). Ad essi sono affidati diversi compiti per l’attuazione della 194, dal counseling prima della procedura, al rilascio dei certificati necessari per accedere alla IVG e alla consulenza sul contraccettivo post IVG.
Tuttavia, da uno studio effettuato dal Ministero della Salute nel 2021, dei 2.015 consultori censiti solo il 68,4% offre il servizio di counseling per IVG. Ciò significa che oltre il 30% dei consultori italiani non garantisce questo servizio. Anche qui il range è molto ampio e va dal 4,4% delle Marche al 95,2% della Sicilia.
Se la Sicilia si piazza al primo posto nell’offerta del servizio di counseling, il dato negativo è che la regione è tra quelle (la grande maggioranza) in cui non è ammessa la somministrazione della pillola Ru486 nei consultori, ma solo nei reparti di ostetricia e ginecologia, con una conseguente limitazione del diritto di ricorrere all’aborto farmacologico, certamente meno invasivo di quello chirurgico.
Un ultimo e non secondario aspetto è la presenza di associazioni anti-scelta e di movimenti pro-life all’interno delle strutture sanitarie pubbliche che, traducendosi in una forte pressione psicologica su chi sceglie di abortire, aumenta di fatto gli ostacoli all’accesso alla IVG.
L’emendamento voluto la scorsa primavera da FdI al Ddl per l’attuazione del PNRR, con cui si riconosce alle Regioni, nell’organizzare i servizi dei consultori, la possibilità di avvalersi di soggetti del terzo settore con qualificata esperienza nel sostegno alla maternità, è stato accolto da proteste e mobilitazioni in tutta Italia. Movimenti femministi e opposizioni, in quell’occasione, hanno messo in evidenza come, al di là del dato testuale relativo all’emendamento (che ribadisce una previsione già presente nell’articolo 2 della stessa legge 194), risulterebbe chiara la volontà politica della maggioranza di favorire le associazioni antiabortiste e di limare ulteriormente il diritto all’aborto.
Per quanto riguarda la nostra provincia, dalle informazioni disponibili, e non facilmente reperibili, risulta che l’IVG sia praticata in tre ospedali: Ragusa, Modica e Vittoria.