Pride Ragusa 2024, l’autodeterminazione di ogni persona

2507

Si lavora un anno intero, in modo costante e senza più timore di dire ad alta voce, documentando di volta in volta le attività svolte, le opinioni da condividere, la scelta delle scelte compiute e poi si giunge al 28 e 29 giugno quando Ragusa e la sua comunità vivranno il Pride. Un Pride politico perché non potrebbe essere diversamente, un Pride di una moltitudine di colori come le tantissime persone che ne fanno parte e che lo vivono con orgoglio, consapevolezza, partecipazione, volontà, profondità, ironia, determinazione. E tutto questo si porta su un palco o in un corteo con musica, abbracci, sorrisi, condivisione, rumore, clamore e ciò che si ritiene, senza preoccupazione del giudizio. Si è allo step successivo già da un po’, quello della determinazione, del vivere la comunità in modo integro, intenso, essenziale, nella consapevolezza che il Pride in programma nel fine settimana a Marina di Ragusa è la concretizzazione di un anno di lavoro, di attività di grande impatto, basti pensare alla rete di relazioni che sono state create con molte realtà del territorio e che oggi ha come ulteriore supporto un documento politico che non fa sconti e in cui si rivendica l’autodeterminazione in risposta a chi ha l’arroganza di voler decidere al posto nostro. Non è il momento del silenzio e in qualunque modo si voglia far rumore, si dovrà solo tendere l’orecchio per sentire, focalizzare lo sguardo per comprendere e soprattutto abbandonare stereotipi e banali luoghi comuni che certamente hanno fatto il loro tempo e, come si può ben vedere, non hanno minimamente indebolito l’orgoglio di esserci come ha avuto modo di ribadire, in questa intervista, il presidente di Arcigay Andrea Ragusa.

Dal primo Pride a Ragusa, un po’ camuffato nella definizione di cosa fosse, a quello che è in programma il 28 e 29 giugno a Marina di Ragusa, cosa si è aggiunto e cosa ancora manca all’appello?

Si è aggiunto sicuramente il valore della comunità. In questi anni il lavoro svolto, full time e quotidiano, è stato palese e soprattutto mirato al prendersi cura, grazie alla costanza nell’esserci e nel nutrire le relazioni. Il Pride è l’espressione migliore del desiderio che ci accomuna tutti, ossia ‘esserci’. Si è aggiunto un documento politico, certamente non marginale, che ha inciso e rafforzato il Pride stesso, conferendo un’identità chiara che ci posiziona in modo più convinto. Manca all’appello un’adesione al Pride ancora più consapevole. Siamo coscienti dell’importanza di esserci, ma nella fase di costruzione non ha avuto una solidità marcata l’elemento di condivisione. Mi riferisco alle associazioni e ai partiti allineati al Pride a cui chiediamo maggiore costanza nella fase di costruzione e in generale invitiamo tutti ad una consapevolezza ancora più condivisa.

Quattro aggettivi per definire il Pride 2024?

Gioioso: perché credo che la gioia debba essere una caratteristica fondamentale delle persone che scelgono con cura i temi da portare avanti. Senza la gioia non può esserci il Pride. Antifascista: perché non potrebbe essere diversamente! È necessario ribadire la natura antifascista in risposta alle destre estreme che vogliono mettersi al nostro posto, che vorrebbero autodeterminarci. Antifascista perché impone di prender posizione. Ci invitano sempre a svolgere Pride non politici, ma è una contraddizione in termini. Si dimentica la natura fortemente rivendicativa del Pride, dunque è un atto politico per dire basta alle angherie, non dimentichiamoci che siamo figli di una scarpa con il tacco lanciata contro le forze dell’ordine, con chiaro riferimento ai moti di Stonewall. Altisonante: ciascuno di noi dovrebbe spogliarsi del proprio privilegio che spesso appartiene a chi detiene ruoli di potere, per essere megafono delle persone marginalizzate. Per essere voce di chi non ce l’ha è necessario spogliarsi del proprio privilegio e allo stesso tempo convertirlo per essere voce delle persone che non hanno la possibilità di farlo. Altisonante perché ai Pride portiamo coloro che non sono visibili per scelta e/o per condizionamento. Favoloso, come le nostre vite anche se molti ci dicono che ‘siamo sbagliati’ proprio per questo ogni vita è favolosa e va vissuta nella sua unicità. L’unione di tutte queste unicità rende favoloso il Pride che è il luogo dove vivere la continuità dell’altro/a, per questo teniamo tanto che vengano portati bambini e bambine affinchè vivano e conoscano la realtà. Solo in questo modo si può sapere.

Spesso hai detto che il Pride è il momento conclusivo di un percorso che dura un anno. Alla luce di quanto fatto negli ultimi dodici mesi, cosa ritieni sia un’eccellenza, e cos’altro ancora va perfezionato?

Abbiamo lavorato tanto sulla consapevolezza della forza del movimento Lgbtq+ nella nostra provincia. Dal Pride dell’anno scorso a quello di quest’anno, abbiamo voluto che il movimento fosse strettamente legato alla Rete 25 Novembre, che ci ha consentito di consolidare un processo di consapevolezza, culminato nell’incontro avuto qualche giorno fa con Porpora Marcasciano, storica attivista, che ha confermato la profondità del percorso compiuto. Certamente va perfezionata la capacità di ascoltarci come comunità, spesso ci parliamo addosso o diamo per scontate le risposte dell’altro/a. Dobbiamo crescere nel prenderci cura!

Dopo i Papà per Scelta della scorsa edizione, quest’anno la madrina è Lilith Primavera, quale il messaggio che interpreta e che rappresenta per il Pride 2024?

Sulla scelta dei testimonial abbiamo compiuto una virata importante, basandoci di volta in volta sul periodo storico che vivevamo e in che modo la loro voce poteva agire sulle nostre vite di singoli, di comunità, di realtà ragusana. I Papà per Scelta sono arrivati in un momento in cui le famiglie omogenitorialità sono state messe sotto torchio e ancora combattono per il riconoscimento dei loro diritti. Quest’anno avremo il piacere di avere con noi Lilith Primavera, attivista, artista e attrice, perché ha un’esperienza di vita che è quasi un manifesto a cui ispirarsi, nella consapevolezza che i percorsi di affermazione di genere sono sempre messi a dura prova e non permetteremo che siano costantemente sotto la lente di ingrandimento e continuino ad esser ‘affare’ di chi non ha nulla da aggiungere.

Oggi, in quale accezione, parli di Resistenza?

Penso a tutte le persone che hanno il coraggio di venire al Pride perchè siamo una piccola provincia e se anche il Pride fosse fatto da una sola persona che sfila a Marina di Ragusa sarebbe un atto politico molto forte. Non è così scontato scendere in piazza, ecco perchè resistenza è portare il nostro corpo a sfilare al Pride. La resistenza la impariamo giornalmente dal popolo palestinese, dalla coesione che emerge, da come questo popolo resiste e noi dobbiamo imparare da chi ha da insegnare. La questione palestinese deve entrare di diritto all’interno dei Pride. Loro ci educano alla resistenza.

Quali i ‘luoghi comuni’ che lo slogan scelto ‘E’ questo il fiore’ azzera?

Il primo potrebbe essere che la lotta antifascista appartenga a taluni anziché ad altri, come se le lotte Lgbtq+ fossero slegate dall’antifascismo. Il Pride si fa portatore e portavoce dell’antifascismo. Inoltre, ai Pride si vive l’intersezionalità che rivendichiamo come natura stessa del Pride. Non riguarda solo le persone Lgbtq+, ma coloro con disabilità, i migranti, chi è marginalizzato. Nelle minoranze c’è il centro da cui si parte, ogni giorno, per sovvertirlo!