Migranti costretti a pagare per lavorare, la denuncia di don Sacco

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Un vero e proprio grido d’allarme quello lanciato da don Beniamino Sacco, per tutti semplicemente “Padre Beniamino”, prete di frontiera da sempre al fianco dei più poveri e che opera in un quartiere definito “difficile”: Forcone.
Stavolta punta l’attenzione su quelli che definisce gli “atti di richiamo” di immigrati destinati a lavorare nel comparto sericolo: lavoratori stranieri fatti arrivare direttamente dalla loro terra di origine con la promessa di un lavoro ma che debbono pagare per ottenerlo.
“Cosa si nasconde- si chiede- dietro questi ‘atti di richiamo’?  Voci insistenti parlano di soldi, di molti soldi, da dividere tra i mediatori e i proprietari di aziende interessate. Mi auguro che siano soltanto voci, ma se così non fosse, nella tratta degli immigrati, ancora una volta, saremmo costretti ad assistere, oltre a quello degli scafisti, ad un altro malaffare, con parvenza di legalità, che umilia la dignità delle persone perbene, che sono tante, per colpa di chi, davanti ai soldi, abbassa la visiera della propria coscienza”.
“Mi chiedo come si possano pretendere dei soldi, si parla di  seimila euro a persona, da chi, per comprarsi il lavoro, è costretto quasi sempre a rivolgersi agli usurai accettando tassi capestro per racimolare la cifra necessaria? Il lavoro non si vende né si compra. Il lavoro è un dono che si offre ed è beneficio onesto che si ricava. Le tangenti- conclude don Sacco- sanno sempre di malaffare, di sfruttamento, di strozzinaggio, di latrocinio, di disonestà. Di fronte al malaffare non si può tacere, perché ne va di mezzo la dignità personale e quella collettiva. Ricordiamoci che i soldi rubati non luccicano”.