Morishita riavrà l’acqua e libertà di movimento in auto e a piedi

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Una vittoria netta, senza appello, con censure chiarissime nei confronti della proprietà dell’area. Il monaco buddista Gyosho Morishita dev’essere reintegrato “nella detenzione del bene di cui al contratto di affitto del 30.11.1990, registrato il 4.12.1990”, deve quindi essere consentito “il ripristino della conduttura e della fornitura idrica e l’accesso al reverendo, in ogni tempo ed anche accompagnato con veicoli, alla Pagoda della Pace ed al Tempio di culto buddhista, dall’unica strada percorribile a piedi e con veicoli, ovvero da quella che si diparte dalla strada comunale in c.da Canicarao; per i pellegrini l’accesso (anche con veicoli) sarà limitato solo all’ora della preghiera”.

Lo ha stabilito il Giudice del Tribunale di Ragusa, il quale rileva che “lo spoglio, di carattere violento, è assolutamente pacifico ed assodato, non potendo più il monaco ricorrente, dall’oggi al domani, accedere al fondo con autoveicolo (accompagnato da altre persone), perché il resistente ha apposto un cancello all’ingresso dell’unica strada di accesso al tempio buddista (da sempre prima d’ora da lui percorsa e dai pellegrini: dato assolutamente pacifico); in un primo momento il proprietario aveva dato una chiave del cancello al reverendo, ma in corso di causa (fatto incontestato), ha cambiato lucchetto e serratura, impedendogli totalmente l’ingresso”. Il giudice rileva ancora: “Il percorso alternativo (in salita, attraverso una collinetta, senza un sentiero segnato) è peraltro estremamente difficoltoso a piedi ed impossibile con mezzi meccanici, come appurato da questo giudice all’esito di apposito sopralluogo”.

Per il Tribunale di Ragusa: “Non vale obiettare che il contratto non ha previsto alcun diritto di passaggio o che non sia configurabile il possesso della servitù di passaggio per la mancanza di due fondi, uno dominante ed uno servente; appare ovvio che, impedendo l’accesso al ricorrente dall’unica strada percorribile con mezzi carrabili, da c.da Canicarao (a piedi è parecchio lunga da percorrere per arrivare al fondo ove sorgono la Pagoda e il Tempio), ciò equivale a privarlo della detenzione qualificata della cosa, ovvero del godimento del bene”. Nella sentenza si legge ancora: “Allo stesso modo configura spoglio privare il ricorrente dell’acqua, con l’interruzione della condotta idrica che da diversi anni è servita all’approvvigionamento idrico dal pozzetto a valle fino all’abitazione del ricorrente; anche in tal modo si rende impossibile il godimento del bene, stante l’essenzialità del bene acqua; non è rilevante accertare se la condotta sia stata disattivata dal resistente o se si è deteriorata a causa degli agenti atmosferici, perché è pacifico che il resistente non intende più comunque ripristinarla, né consentire al reverendo il ripristino a sue spese”. Il giudice, poi, interviene sulla questione dell’accesso “di una indistinta moltitudine di terzi soggetti (pellegrini, visitatori, troupe televisive e scolaresche), che, da diversi anni (altro fatto incontestato) hanno avuto accesso alla Pagoda ed al tempio fino all’estate del 2022, sia a piedi che tramite veicoli”.

Il loro accesso, per il magistrato, è un fatto pacifico, perché trattasi di un luogo di culto: la detenzione concessa dal possessore/proprietario implica di necessità la facoltà, per il ricorrente, di fare accedere i seguaci della religione (ciò che di fatto è accaduto, nel corso degli anni, conformemente al titolo, anche con veicoli); è il titolo contrattuale stesso che legittima l’affittuario a costruire un fabbricato da destinare al culto della religione buddhista”. Pertanto: “Costituisce dunque, parimenti, privazione del potere di fatto sulla cosa, impedire al reverendo di ricevere i fedeli per le preghiere, perché il godimento del bene, come configurato nel titolo contrattuale, ne legittima la detenzione anche e soprattutto a tal fine”. Per il giudice, quindi, “l’accesso al tempio, finora praticato dai terzi, deve essere sì cautelato, ma nella forma prevista dal titolo contrattuale, vale a dire nell’ora prevista della preghiera buddhista; ciò in quanto il termine culto sottintende la cura di un rapporto dell’uomo con il divino o l’altro da sè, che si esteriorizza in azioni dettate o prescritte da un insieme di norme, diverse a seconda delle religioni. Sarà cura del ricorrente disciplinare e regolamentare l’afflusso dei pellegrini, comunicando l’orario delle preghiere al proprietario e regolando di conseguenza l’apertura e la chiusura del cancello (venti minuti prima dell’inizio della preghiera, venti minuti dopo la fine della preghiera)”.