Che i manga giapponesi siano uno dei generi più popolari, venduti, letti e amati in tutto il mondo è cosa nota. Basti pensare che in Italia, secondo i dati AIE presentati al Salone del Libro di Torino lo scorso maggio, il volume delle vendite è cresciuto da 11,2 milioni di euro nel 2019 a 58,3 milioni di euro nel 2021, conquistando il primo posto tra i fumetti acquistati nel nostro Paese (58,1%). Contrariamente a quanto molti pensano, però, non si tratta affatto di un genere di consumo recente, arrivato in Occidente dal Giappone con la forza e l’impatto di uno tsumani. Al contrario, i manga hanno una lunghissima storia, le cui prime tracce risalgono addirittura a più di mille anni fa.
A raccontarla sarà Paolo Linetti, direttore del Museo d’Arte Orientale Collezione Mazzocchi di Coccaglio (Brescia), storico dell’arte giapponese, iconografo, curatore di mostre e scrittore, che sarà ospite del festival ragusano per giovani lettrici e lettori “Ponti di Carta” dal 30 ottobre al 1° novembre.
Linetti coltiva sin da bambino una passione per la cultura giapponese, nata proprio attraverso gli anime, i cartoni animati approdati sulla tv italiana negli anni Settanta. Da lì gli studi di storia giapponese, che ha coniugato con un’altra grande passione, quella per l’arte e l’iconografia.
Ma come si spiega il successo planetario e trasversale di questo genere?
“I manga sono ormai diventati un vero e proprio fenomeno virale. Come li ha definiti Toshio Miyake, sono un medium postmoderno, un mezzo espressivo indipendente caratterizzato da uno sviluppo industriale – spiega Linetti. – Il loro successo è infatti legato a un investimento di lungo periodo, finanziato dallo Stato e dall’esercito, che l’industria giapponese ha intrapreso a partire dal 1917, quando il Giappone era ancora tra gli ultimi Paesi industrializzati ad approcciarsi alla tecnica dell’animazione. In questo modo, nel giro di cinquant’anni, il Giappone ha ottenuto il primato mondiale dell’animazione. Quando i primi cartoni animati giapponesi sono arrivati da noi – prosegue – hanno avuto un fortissimo impatto per i colori brillanti e una fluidità di immagini che superava le produzioni occidentali. Il successo di questi anime continua fino ai giorni nostri perché i bambini di allora, che adesso sono genitori, fanno vedere ai loro figli i cartoni degli anni Settanta, quindi Goldrake, Candy Candy o Lady Oscar. I bambini di oggi sono figli di quegli anime e di quelli contemporanei.”
Di fronte a questo rapidissimo sviluppo dai tratti tipicamente moderni, nessuno forse sospetterebbe che i manga abbiano fatto la loro prima comparsa nel X secolo, periodo al quale risale un rotolo illustrato, tuttora conservato in un monastero, che mostra rane e conigli antropomorfi giocare e divertirsi come esseri umani. Ma è solo nel XIX secolo che i manga diventano un vero e proprio genere editoriale. “Nel 1814 – racconta Linetti – Hokusai, a seguito di un grosso litigio con uno scrittore per il quale realizzava le illustrazioni, decise di fare dei libri di sole tavole, non corredate cioè da un testo. Questa fu una grande innovazione nel mercato editoriale giapponese e fu allora che il genere prese il nome con il quale lo conosciamo e che significa ‘immagini divertenti’. Da qui nasce il manga moderno, che tuttora conserva alcuni dei tratti originari come le linee estremamente morbide del disegno.”
Per riuscire ad arrivare ai numeri astronomici di oggi, l’industria dell’animazione giapponese non si è avvalsa soltanto di imponenti risorse finanziarie, ma anche delle competenze specialistiche di alcune figure professionali come psicologi ed editor, che hanno saputo intercettare e anticipare i gusti del sempre più vasto pubblico nipponico e mondiale. Una vera e propria operazione di marketing su scala globale, che è riuscita a sfruttare a proprio vantaggio le leve della narrazione seriale e della diversificazione. “L’editoria giapponese del XXI secolo ha iniziato a produrre libri illustrati a puntate, valutando l’indice di gradimento dei vari autori per capire come far proseguire le storie e come variarle – aggiunge Linetti. – Inoltre il mercato dei fumetti viene sin da subito diversificato, anche dal punto di vista stilistico-estetico, per vari target di età e di interesse, mentre da noi erano ancora considerati appannaggio dei soli giovani.”
Tutto questo ne ha fatto un prodotto che oggi ha un mercato mondiale stimato nel 2020 in oltre 23 miliardi di dollari e che, secondo le previsioni, è destinato a crescere nei prossimi anni. Ma se da mezzo secolo i manga esercitano un così forte richiamo per generazioni e generazioni di lettori di tutto il mondo è sicuramente anche per un altro, fondamentale aspetto che li connota. “Il manga giapponese, partito come genere inferiore, ha saputo rappresentare ogni ambito della vita, ogni sentimento e valore umano, raggiungendo risultati di grande valore estetico con autori quali, tra gli altri, Tezuka e Miyasaki”, conclude Paolo Linetti.
Ed è proprio per questa capacità di toccare temi e sentimenti universali, e per la qualità artistica di alcune opere che non si fa fatica a definire veri e propri capolavori, che oggi il manga merita un posto di primo piano nella letteratura contemporanea per tutte le età.
Gli appuntamenti con Paolo Linetti a “Ponti d Carta” saranno domenica 30 ottobre alle 19 con la conferenza “Le origini del manga. Da Hokusai al manga moderno” e a seguire l’inaugurazione della mostra “I Santi Manga”, una rappresentazione in stile manga dei santi tradizionali della Chiesa cattolica. Martedì 1° novembre, alle 17 e alle 19, due laboratori sui “Santi Manga” rivolti a bambini e ragazzi dagli 8 ai 14 anni.
Il programma completo del festival è disponibile alla pagina facebook Ponti di Carta.