Un crollo della componente rumena all’interno della composizione per nazionalità della forza lavoro nella Fascia trasformata della provincia di Ragusa. Un -40% che emerge chiaramente dagli elenchi anagrafici Inps sui quali l’Area 2 del progetto Trasformare la Fascia Trasformata, sostenuto dalla Fondazione con il SUD, ha lavorato in questi mesi.
“Nel corso degli ultimi anni, in particolare dal 2019 – si legge in un primo Report sulla nazionalità dei lavoratori e delle lavoratrici stagionali agricoli stranieri in quest’area -, si è registrato un calo sensibile delle lavoratrici e dei lavoratori rumeni impiegati in agricoltura. Con circa il 40% di presenze in meno come manodopera impiegata in agricoltura nella fascia trasformata e nell’intera provincia di Ragusa. A partire dal 2019 fino al 2021 i dati Inps indicano una riduzione del numero di lavoratori e lavoratrici di nazionalità rumena”. Anno 2018: 4.064 lavoratori e lavoratrici provenienti dalla Romania. Anno 2019: 2.380; anno 2020: 2.858. Fino all’ultimo dato, quello del 2021, quando lavoratori e lavoratrici rumeni erano 2.632.
Le cause sono ovviamente legate a diversi fattori e su questo occorrerà ulteriormente riflettere nella fase di ricerca. “Alcune ipotesi frutto di testimonianze raccolte sul campo – si legge nel Report – riguardano la scelta di emigrare verso Paesi del centro Europa, come la Germania o anche il nord Italia, alla ricerca di condizioni lavorative migliori compresa la possibilità di un sistema di welfare più strutturato soprattutto capace di dare risposte ai bisogni dei familiari. Di certo le condizioni di sfruttamento e isolamento sociale sono alla base della scelta di abbandono della fascia trasformata”.
Nel Report, curato da Cgil Ragusa e ADIR L’Altro diritto, partner nel progetto TFT insieme all’associazione I Tetti Colorati e alla cooperativa Proxima, emerge che gli elenchi anagrafici Inps della provincia di Ragusa relativi all’anno 2021 contano un totale di 28778 lavoratori e lavoratrici di cui 14772 italiani/e e 14006 stranieri/e. L’analisi è stata prodotta leggendo i dati dei singoli Comuni poi suddivisi e sommati per nazionalità.
La prima delle dieci nazionalità relativamente alla forza lavoro è quella tunisina (5307), a seguire quella rumena (2632) e quella albanese (2558). Distaccata, di molto, quella marocchina (448), fino a quella nigeriana (207). C’è un altro dato che appare interessante prendere in esame, e riguarda la composizione della manodopera straniera impiegata nella Fascia trasformata riguardo all’emergere di nuove nazionalità.
“Questo – rilevano i curatori del Report – deriva soprattutto dalla presenza in provincia di Ragusa di una diffusa rete di strutture di accoglienza collegate in buona parte alla presenza dell’Hotspot di Pozzallo. Da qui la presenza nel territorio di lavoratori di nazionalità provenienti dall’Africa subsahariana e dell’Asia mentre per quanto riguarda provenienze da paesi come Albania, Algeria e Marocco si tratta di realtà presenti già da prima con la presenza di lavoratrici che hanno occupazione nel comparto agricolo”.
Due lavoratori su tre sono uomini: la componente femmine di operaie impiegate in agricoltura per tutta la provincia di Ragusa è del 31%. “Il lavoro femminile in agricoltura riguarda soprattutto l’impiego di manodopera in alcuni segmenti specifici della filiera come il vivaismo e in confezionamento dei prodotti… Si può affermare che in questi settori la presenza di lavoratrici è in buona parte di nazionalità italiana. Tra le comunità straniere si rileva una alta percentuale di donne soprattutto nella comunità rumena con percentuali che sfiorano il 50%, seguita dalla comunità albanese con percentuali che vanno dal 20 al 35%”. Le donne tunisine che lavorano sono poche, con percentuali tra l’8 e il 12. “L’alta percentuale di braccianti donne di nazionalità rumena – rileva il Report – rappresenta un altro elemento di peculiarità, e cioè l’impiego di manodopera femminile nella produzione in serra nello svolgimento di lavori tradizionalmente riservati alla forza lavoro maschile”.
La ricerca proseguirà, con l’approfondimento del rapporto tra minori e accesso all’istruzione con particolare riferimento alle famiglie che vivono nei contesti extraurbani per analizzare il fenomeno anche alla luce dei cambiamenti intercorsi in questi ultimi tre anni in ordine alle nazionalità presenti di lavoratrici e lavoratori stranieri.
”Questo report – spiega Peppe Scifo, segretario provinciale della Cgil – riporta i dati relativi alla composizione della manodopera impiegata in agricoltura partendo dai dati Inps che si riferiscono alle posizioni lavorative ufficiali, cioè di lavoratori con ingaggio. Non ci sono riferimenti alle condizioni lavorative e contrattuali che saranno approfondite attraverso l’indagine qualitativa dove si affronterà il tema dello sfruttamento lavorativo che interessa lavoratori sia con contratto che quelli completamente irregolari. L’iscrizione negli elenchi anagrafici, infatti, non assicura che si tratti di lavoro regolare”.