Un’opera straordinaria. Un pregiatissimo pezzo d’arte. Un Crocifisso i cui tratti rinviano al Tre/Quattrocento. Sono le caratteristiche della scoperta compiuta in Cattedrale, a Ragusa, dopo la meticolosa azione di restauro condotta da Sebastiano Patanè all’interno di un altro Crocifisso databile a qualche secolo più tardi, il Settecento. “Un oggetto che impreziosisce il nostro territorio” così l’ha definito il sindaco, Peppe Cassì, in occasione della presentazione degli interventi di restauro tenutasi a San Giovanni Battista. E l’on. Giorgio Assenza, presidente del collegio dei deputati questori della Regione Siciliana, ha aggiunto: “Va premiata l’azione del restauratore Patanè che ha permesso il miracolo di questo ritrovamento”. Antonino De Marco, soprintendente ai Beni culturali, ha confidato di avere con quest’opera un legame speciale, perché il primo sopralluogo, dopo avere assunto l’incarico, è stato proprio nella bottega di Patanè. Il parroco della Cattedrale, il sacerdote Giuseppe Burrafato, racconta che è iniziato tutto due anni fa, quando coi fondi residui dell’8 per mille è stato avviato il progetto di restauro di un vecchio Crocifisso che per quindici anni aveva abitato l’aula capitolare. L’opera, apparentemente in cartapesta, necessitava di una pulitura oltre alla cura di qualche dettaglio approssimativo. “È stato così – racconta don Giuseppe Antoci, direttore dell’ufficio Beni culturali della Diocesi di Ragusa – che ci si è accorti che tutto era ricoperto di scagliola: grossi pezzi di gesso, spessi in alcune zone anche 5 cm, ricoprivano un manufatto sottostante. A quel punto si è deciso di proseguire, permettendo l’emergere di una scultura di qualità notevole. È possibile che l’originale sia stato danneggiato col terremoto e poi modernizzato, ma cercando al tempo stesso di preservarlo”. Il restauro è stato portato a termine coi fondi della Regione Sicilia ma le indagini sui materiali per stabilirne la datazione e provenienza, sponsorizzate dall’azienda Giuseppe Rosso, sono ancora in corso. La magrezza, la definizione anatomica, le braccia che lasciano intuire lo scorrere delle vene, le mani chiuse come i crocifissi di tipo gotico del 300-400, ci portano molto indietro nel tempo. Tutto modellato a partire da un unico tronco di albero. Insomma, un Crocifisso nel Crocifisso.
“Una testimonianza – ha concluso il vescovo della Diocesi di Ragusa, mons. Giuseppe La Placa – in cui leggere anche un messaggio simbolico: mai fermarsi all’apparenza. Guardiamo dentro anche a chi può apparire deplorevole, diventiamo restauratori delle nostre relazioni. Questo renderà più bella la nostra convivenza”.