Blitz a Catania e Siracusa, 56 arresti. Sequestrati 9 società e 170 chili di droga

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Su delega della  Procura Distrettuale di Catania, i carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Siracusa hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. di Catania, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, a carico di 56 soggetti ritenuti, con alto grado di probabilità, di essere affiliati o contigui alla famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano, alla famiglia di Caltagirone, a quella di Ramacca e al clan Nardo di Lentini. Il provvedimento è stato eseguito – da oltre 400 militari – nei territori delle provincie di Catania (Catania, Ramacca, Vizzini, Caltagirone e San Michele di Ganzaria) e di Siracusa (Lentini, Carlentini e Francofonte).

I soggetti tratti in arresto sono gravemente indiziati (con 26 diversi capi d’imputazione) dei delitti di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e allo smercio di stupefacenti, nonché di numerose estorsioni pluriaggravate, di illecita concorrenza, di turbata libertà degli incanti e di trasferimento fraudolento di beni, reati tutti aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose. Contestualmente, è stato notificato anche un decreto di sequestro preventivo di beni (9 società attive nei settori dell’edilizia, della logistica e dei servizi cimiteriali nonché dei beni e conti correnti ad esse riconducibili) per un valore di oltre 10 milioni di euro.

Nell’attuale fase del procedimento, in cui non è stato ancora instaurato il contraddittorio tra le parti, le indagini (avviate nel 2016 come naturale prosecuzione del procedimento “Chaos”) hanno cronologicamente disvelato le criticità, i nuovi rapporti di forza e gli equilibri raggiunti tra le famiglie di cosa nostra operanti nei territori di Catania, Caltagirone e Siracusa, e segnatamente la famiglia Santapaola- Ercolano, la famiglia La Rocca, la famiglia di Ramacca e il clan Nardo. È stata documentata la riorganizzazione interprovinciale del sodalizio mafioso che – pur dopo l’esecuzione delle ordinanze adottate nell’ambito del procedimento CHAOS – è riuscito a mantenere l’operatività nei tradizionali settori delle estorsioni, del recupero crediti e della cessione di stupefacenti. Ancora, è stata accertata la capacità dei clan di infiltrarsi nell’economia lecita (nel settore dei trasporti su gomma e in quello dell’edilizia) e di influenzare i processi decisionali degli enti locali (come nell’ipotesi dell’alterazione delle procedure per l’affidamento dei servizi cimiteriali nel comune di Vizzini e nelle ipotesi degli affidamenti per la manutenzione stradale curati dal comune di Caltagirone).

Gli accertamenti – sviluppati attraverso un’imponente attività di intercettazione, ma anche con il ricorso a sistemi di indagine tradizionale sul territorio e con il contributo di 16 diversi collaboratori di Giustizia – hanno portato a identificare gli elementi di maggior peso dell’organizzazione e a ricostruire, al contempo, la rete di relazioni e la struttura della famiglia Santapaola-Ercolano, di quella La Rocca di Caltagirone, quella di Ramacca e del clan Nardo.

È stato, inoltre, cristallizzato un momento particolare di composizione degli assetti mafiosi dell’area: dai dialoghi captati all’interno dell’officina di Salvatore RINALDI, eletta a luogo di incontro privilegiato delle diverse articolazioni di cosa nostra catanese, emergeva come il susseguirsi di provvedimenti cautelari scaturiti dalle indagini Kronos e Chaos avesse di fatto interrotto il processo di riorganizzazione di cosa nostra catanese avviato da Antonio Tomaselli (il responsabile dell’epoca, tratto in arresto proprio all’esito del procedimento Chaos), ma che – pur in assenza di un formale reggente della famiglia – i soggetti rimasti in libertà fossero stati in grado di riorganizzarsi e di mantenere un elevato livello di pericolosità criminale. Venivano, in particolare, registrati di momenti di forte conflittualità tra i sodali (dovuti proprio all’assenza della investitura ufficiale di un nuovo reggente), che consentivano di monitorare dialoghi di straordinaria portata investigativa.

Il dato trovava piena conferma nella gestione delle estorsioni, in passato curate in prima persona da Tomaselli. Era in questi frangenti che Salvatore Rinaldi, Michele Lorenzo Squillaci (referente del gruppo Nizza), Luigi Ferrini (referente per i paesi) e Carmelo Renna (referente del Villaggio Sant’Agata) indicati dalle indagini, con alto grado di probabilità, quali vertici dei diversi gruppi, discutevano di come “gestire” la situazione e dividere i relativi utili.

L’officina era anche il luogo dove avvenivano le riunioni con esponenti della famiglia di Caltagirone e del Clan Nardo e ciò ha consentito di aprire ulteriori filoni investigativi che permettevano di acclarare l’operatività delle due compagini nel territorio calatino e siracusano.

La famiglia di Caltagirone ha (allo stato degli atti, sempre con alto grado di probabilità) in Gioacchino Francesco La Rocca inteso “Gianfranco”, figlio di Francesco “Ciccio” LA ROCCA (deceduto nel dicembre 2020), l’indiscusso vertice, a capo di un nutrito gruppo criminale in stretto rapporto con gli imprenditori Ciriacono Giuseppe, suo figlio Gianfilippo, Spitale Giuseppe e Orefice Salvatore, attraverso i quali cosa nostra calatina, grazie anche alle entrature di cui gode presso il Comune di Caltagirone, esercita un’attività pressoché monopolistica nel settore degli appalti. In particolare, si documentava come alcuni dipendenti dell’amministrazione comunale (non destinatari di provvedimento cautelare, ma ai quali verrà notificata l’informazione di garanzia) consapevoli di chi rappresentasse Ciriacono “modellavano” i bandi così da favorire le aziende di quest’ultimo (tutte oggi oggetto di sequestro preventivo) e quindi Gianfranco La Rocca. A quest’ultimo, come riscontrato allo stato delle indagini, sono di fatto riconducibili anche l’impresa edile Eredi di Spitale Gaetano & c. snc e la ditta individuale Orefice Salvatore, entrambe operanti nel settore movimento terra.

Particolarmente significativa appare inoltre la vicenda relativa alla gestione dei servizi cimiteriali nel comune di Vizzini, scaturita dalla volontà di Gesualdo Briganti – gravemente indiziato di essere esponente di spicco del clan Nardo – di inserirsi nella gestione dell’appalto attraverso una società a lui riconducibile, ma in violazione di accordi risalenti nel tempo che attribuivano tale servizio – sebbene ricadesse in un’area di influenza del clan Nardo – alla ditta La Cutrera Onoranze Funebri Srl, di fatto riconducibile a Gianfranco La Rocca. La questione veniva poi risolta a seguito di plurime interlocuzioni tra i vertici dei due gruppi mafiosi che stabilivano come la ditta riconducibile a LA ROCCA avrebbe continuato la gestione dei servizi, cedendo tuttavia una percentuale dei profitti al clan Nardo e a cosa nostra catanese.

Presso l’officina di Rinaldi i carabinieri del ROS hanno documentato inoltre un susseguirsi di incontri finalizzati a monitorare costantemente le diverse e numerose questioni che sorgevano nella provincia etnea, tra queste estremamente significativa era quella che interessava i rapporti tra Catania e la famiglia di Ramacca, la quale lamentava il mancato versamento delle percentuali storicamente pattuite derivanti dalle estorsioni commesse nel territorio di sua competenza, con la conseguenza di intaccare anche il prestigio di Pasquale Oliva al vertice di quella famiglia. Anche in questo caso Rinaldi, Renna, Schillaci e Ferrini organizzavano più incontri, ai quali prendevano parte per conto della famiglia di Ramacca Franco Compagnino e Alessandro Fatuzzo, all’esito dei quali veniva ristabilito il rispetto delle antiche regole.

In merito al clan Nardo di Lentini (SR), è da dire che nel provvedimento sono confluiti gli esiti di tre distinti filoni investigativi, condotti dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Siracusa, che traggono origine sempre dalle captazioni operate presso la stessa officina di Salvatore Rinaldi. Emergeva dunque dalle indagini l’attuale reggenza del clan e la sua composizione (comprensiva dei referenti dei paesi limitrofi sotto il suo controllo, quali Francofonte e Vizzini). In particolare, era possibile individuare in Antonino Guercio l’attuale reggente operativo, subordinato solo a Giuseppe Furnò, il quale – sulla scorta del materiale raccolto – va qualificato come successore di Pippo Floridia, già reggente del gruppo Nardo fino al 20 aprile 2016, come documentato in seno all’indagine Kronos del ROS.

Si dimostrava come il clan Nardo e la famiglia Santapaola fossero in affari anche per il traffico di droga. Invero emergeva la direzione da parte di Antonio GUERCIO e dello stesso RINALDI di un fiorente traffico e smercio di sostanze stupefacenti (nel corso delle indagini, in tempi diversi, si è proceduto al sequestro di 108 kg di marijuana, di 2,6 kg di cocaina e 57 kg di hashish) – in questo contesto un ruolo centrale veniva assunto da Tiziana Bellistri, che di fatto organizzava la rete dello smercio.

Le cointeressenze tra i due gruppi criminali erano rivolte anche al controllo del tessuto imprenditoriale. Nel dettaglio si appurava come Guercio e Rinaldi pianificavano un’azione ai danni dell’A.T.I. Società Consortile Bicocca-Augusta Scarl, aggiudicataria dell’appalto bandito da Italferr Spa, che stava svolgendo i lavori presso il cantiere della stazione ferroviaria di Lentini. I due, all’esito di più interlocuzioni, non solo imponevano alla società di cedere materiale ferroso di risulta a soggetti individuati da Guercio e Rinaldi, i quali avrebbero poi provveduto alla vendita, ma anche i servizi di guardiania al cantiere. L’ipotesi investigativa prospettata da questa Procura Distrettuale è stata condivisa dal Gip in sede che ha emesso le misure cautelari appresso specificate. In esito alle catture verrà ora attivato il contraddittorio procedimentale, nel corso del quale gli indagati avranno la facoltà di fornire la loro versione dei fatti e indicare eventuali prove a discolpa.