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domenica, 24 Novembre 2024

Spiavano le persone in casa attraverso la videosorveglianza. Anche a Ragusa

1985

Spiavano e rubavano le immagini delle videocamere di sorveglianza di luoghi ‘intimi’ come bagni e camere da letto di casa private, stanze di alberghi, studi medici e spogliatoi di palestre e piscine. Quei filmati in cui cittadini inconsapevoli erano ritratti anche durante rapporti sessuali erano diffusi e venduti in rete sul social network VK e Telegram. È quanto ha scoperto un’indagine della Polizia Postale di Milano, coordinata dalla Procura di Milano. Ai clienti-voyeur, circa 2 mila, bastava pagare 20 euro per accedere ai contenuti «premium». Con altri 20 euro si accedeva a un club «vip» ristretto in cui gli amministratori del gruppo fornivano le credenziali per scegliere i filmati da visionare, tra cui diversi anche diretta.

Gli inquirenti hanno nelle scorso settimane perquisito dieci degli undici indagati, accusati a vario titolo di associazione per delinquere e accesso abusivo a un sistema informatico. Fanno parte di due distinti gruppi criminali, di cui uno più strutturato. In quello più organizzato ognuno aveva ruolo e compiti ben definiti: i più esperti in materia informatica scandagliavano la rete alla ricerca di impianti di videosorveglianza connessi ad internet; una volta individuati, li facevano oggetto di veri e propri attacchi informatici che consentivano, ricorrendo determinate condizioni, di scoprire le password degli Nvr (ossia dei videoregistratori digitali a cui normalmente vengono collegate le telecamere di videosorveglianza) e di accedere ai relativi impianti.

 

L’inchiesta, coordinata dagli aggiunti Maria Letizia Mannella e Eugenio Fusco insieme ai pm Giovanni Tarzia ed Eugenia Maria Baj Macario, è nata da una più ampia indagine su un maxi giro internazionale di pedopornografia. Tra gli appartenenti del gruppo principale figurava anche un trentatreenne milanese, segnalato dalla polizia neozelandese, trovato poi in possesso dagli investigatori della Postale, guidati dal dirigente Tiziana Liguori, di numeroso materiale pedopornografico.

Dalla Polizia Postale è arrivata la raccomandazione di affidarsi, nell’installazione di impianti di videosorveglianza, a professionisti di comprovata affidabilità, evitando soluzioni «fai da te», a meno che non si disponga di solide e specifiche competenze tecniche. Gli attuali sistemi, infatti, sono a tutti gli effetti sistemi informatici connessi a internet e, come tali, esposti alle fisiologiche insidie della rete. Necessitano quindi di costanti aggiornamenti software per eliminare vulnerabilità di sistema e, naturalmente, vanno configurati in maniera adeguata. Ad esempio, è preferibile inibire l’accesso tramite web per il controllo remoto delle telecamere e optare per sistemi «peer to peer» tramite cloud. Inoltre, anche se può apparire scontato e banale, si raccomanda sempre di cambiare la password di default per l’accesso all’interfaccia di configurazione – scegliendone una robusta, che contenga almeno otto caratteri, con lettere minuscole, maiuscole (possibilmente non all’inizio), numeri e caratteri speciali – e orientare le telecamere in modo da non inquadrare bagni, camere da letto e altri ambienti «sensibili» per l’intimità delle persone.