I costi dei carburanti non accennano a diminuire e il Governo proroga la diminuzione delle aliquote fino all’8 luglio. Ma perché le accise sono intoccabili nonostante facciano riferimento ad eventi oramai lontano nel tempo?
Malgrado il taglio di € 0,305 per benzina e gasolio ci ritroviamo al distributore dei prezzi che oscillano tra € 1,75 e € 1,90 al litro. La crisi energetica non accenna a placarsi e senza la decurtazione messa in atto un paio di mesi fa, oggi, ci ritroveremmo nuovamente a pagare mediamente oltre i € 2,10 al litro.
Insomma, così non può andare. In primis sono gli autotrasportatori a pagare questa situazione nonostante abbiano diritto normalmente alla defiscalizzazione del carburante con un rimborso, richiedibile trimestralmente, fino a € 0,214 per ogni litro utilizzato come regolamentato dal T.U.A. (Testo Unico Accise).
Diritto non esercitabile in questo periodo proprio per via del decreto-legge 21 marzo 2022, n° 21, nato per contrastare gli effetti economici della guerra in Ucraina.
Come sappiamo, questa tassazione indiretta appesantisce le tasche degli italiani ma garantisce risorse fondamentali allo Stato. Nel 2018 l’allora ministro Salvini promise di tagliare le accise sui carburanti, un cavallo di battaglia “evergreen” che puntualmente viene riproposto per raccattare voti qua e là. Ma vediamo insieme perché non è fattibile.
Le accise sui carburanti, in tempi normali (prendendo come riferimento gli anni 2017-2018-2019), portano alle casse dell’erario circa 25 miliardi di euro. Nonostante alcune di esse facciano riferimento a fatti storici lontani (si pensi alla guerra in Etiopia), lo Stato non può proprio farne a meno.
Come l’iva, le accise sono una forma indiretta di tassazione. Non solo sui carburanti, ovviamente, ma anche sul tabacco, sui prodotti alcolici (qui ci sarebbero da fare delle distinzioni tra la birra, il vino, le bevande alcoliche diverse dalle prime due, l’alcool denaturato destinato ad esempio in prodotti igienizzanti), sul gas naturale e sull’energia elettrica. Per lo Stato si tratta di un ‘affare’. L’imposta viene pagata direttamente da chi consuma un determinato bene, in proporzione alla quantità acquistata. Senza distinzioni tra ricchi e poveri, quando si comprano le sigarette o si fa un pieno di benzina, tutti paghiamo una tassa in egual misura.
Ossigeno puro e continuo per le finanze del Paese. Alternative? Andare a prendere parte di queste risorse da altre tasse. Comunque sempre dalle nostre tasche!