“L’argomento è così complesso che raggiungere un obiettivo presuppone la necessità di fare i conti con tutta una serie di variabili. Una cosa è certa. Visto che i contratti con l’industria acquirente sono in scadenza, è necessaria la stipula di altri contratti transitori per cercare di capire che cosa accadrà da qui a due mesi, alla luce del conflitto bellico in corso e dell’evoluzione della pandemia, al fine di ridisegnare gli equilibri di questo settore. Ma occorre farlo con saggezza e con la massima attenzione da parte di ogni componente della filiera. Ciascuno faccia la propria parte: l’industria, il mondo della cooperazione, la grande distribuzione. E’ evidente che non si può scaricare tutto sull’anello più debole della catena, vale a dire i produttori”.
Così il presidente provinciale Confcooperative Ragusa, Gianni Gulino, sulla vertenza riguardante la zootecnia iblea e dopo gli incontri che ieri, assieme ad altre associazioni di categoria e con una rappresentanza dei produttori, si sono tenuti in Prefettura e al Comune di Ragusa. “C’è un problema reale – prosegue Gulino – e chiediamo che possa essere affrontato tutti assieme, al di là delle varie sigle. Occorre, anzi, un passo indietro, per senso di responsabilità, mentre invochiamo la parte politica a mobilitarsi nella propria interezza. Solo così, forse, riusciremo a spuntare qualche risultato concreto”. “Sappiamo, purtroppo – prosegue Gulino – che il discorso è complicatissimo con riferimento ai contratti di fornitura all’industria e a chi commercializza il latte. Stiamo parlando di prezzi vecchi di anni anche se si accenna a modifiche da effettuare, rinegoziati alla luce di quello che sta accadendo con il caro materie prime. Noi diciamo che non funziona la filiera globale formata da produttori, cooperative, industria, grande distribuzione. Di sicuro, l’anello debole è il produttore ed ecco perché diciamo che occorre rimetterlo al centro. Non ci sono dubbi che quando ci sono problematiche da affrontare riguardo al prezzo, a pagarne di più le conseguenze è il produttore visto che la Gdo mantiene i suoi costi e l’industria dà conto ai propri azionisti. Alla fine della fiera, sono proprio loro, i produttori, ad essere sull’orlo del fallimento. Addirittura, per mantenere la stalla sono costretti a macellare gli animali, perché non ce la fanno più con i costi. In questi giorni, si ha notizia di ben settecento capi macellati solo in provincia di Ragusa e direi che sono numeri che rappresentano in maniera impietosa il termometro di quella che è la crisi attuale. C’è un discorso di disagio sociale che copre una realtà vasta: oltre al diretto anche tutto l’indotto con numerosi posti di lavoro che rischiano di saltare. Tutto ciò costituirebbe un vero e proprio e colpo di grazia per molte aziende che non riuscirebbero a continuare. Ecco perché si richiede un’attenzione a 360 gradi. Abbiamo rappresentato questa esigenza in Prefettura, lo abbiamo fatto anche al Comune. E in entrambi i casi abbiamo potuto appurare che esiste una piena consapevolezza della problematica e che faranno quanto nelle loro possibilità per aiutare il comparto. Speriamo, ovviamente, che possano arrivare i primi segnali nel tentativo di venire fuori da questo guado”.