“Probabilmente la Farnesina lo starà già facendo, ma vorrei chiedere a chi può di mettersi in contatto con i russi per negoziare un corridoio umanitario per farci uscire da qui, noi non vogliamo questa guerra, quasi tutte le persone qui, questa guerra non la vogliono. Chi vuole lottare che lo faccia ma chi la guerra non la vuole che sia libero di andare via. Per favore fateci uscire”.
È l’Agi, in un servizio a firma di Giada Drocker a riportare le parole di Giovanni Bruno, 35 anni, giovane di Pozzallo, sposato con una donna ucraina di 33 anni, e padre di una bimba di 22 mesi.
Era andato a Kherson a fare visita ai parenti di sua moglie. E lì è rimasto, “prigioniero” della guerra. Lui è un marittimo.
“I russi – spiega Bruno in un video – non fanno entrare e uscire nessuno dalla città che è circondata. Non stiamo male di salute ma i supermercati sono totalmente vuoti. Mia moglie ha finito le medicine per la tiroide e in farmacia non arrivano. Tutto chiuso, non entra e non esce nulla. Stiamo cercando di andarcene in qualunque modo ma finora non ci siamo riusciti”.
Spiega che “la situazione è degenerata già nel pomeriggio del primo giorno. Non siamo riusciti a uscire dalla città. L’unico modo per portarci via da qui è parlare con i russi – dice Giovanni – come hanno fatto la Turchia, l’Azerbaijan, Kazakistan e il Vietnam, a quanto ne sappiamo, e come dicono fonti russe, anche gli Stati Uniti. Se la Farnesina non riuscirà a contrattare con la Russia per i corridoi umanitari, non riusciremo mai a uscirne vivi da qua”.
E poi aggiunge: “Siamo in contatto con l’unità di crisi della Farnesina; hanno creato un gruppo di italiani a Kherson, siamo una quarantina quelli tra italiani, coniugi, figli che vogliamo scappare ma ancora la situazione non si sblocca. La strada per uscire, e in questo hanno ragione, è piena di combattimenti tra russi e ucraini ma non ci dicono a che punto sia la situazione, se stanno contrattando o meno con i russi”.
La situazione è davvero drammatica: “Ogni giorno appena ci svegliamo usciamo a cercare cibo. Ogni tanto arriva qualcosa di fresco, ci sono camion che vendono patate, cipolle, e poi ci richiudiamo dentro casa stando sempre attenti… Aiutateci. Chi può si attivi per i corridoi umanitari, fateci uscire da qui”.