La discriminazione di genere che vede le donne in posizione di svantaggio rispetto agli uomini in campo lavorativo, sociale, familiare ed economico si manifesta anche nella medicina. Infatti, la prospettiva “androcentrica” ha fortemente condizionato la medicina fino alla metà del secolo scorso.
Il “genere” è un tema che si è affermato durante il periodo delle rivendicazioni del movimento femminista che richiedeva, tra l’altro, più attenzione alla salute delle donne, pari a quella che si aveva per gli uomini. Per lungo tempo rivendicare più attenzione alla salute delle donne ha significato occuparsi degli aspetti legati alla sessualità e alla funzione riproduttiva delle donne. Erano gli anni in cui si iniziava a parlare di contraccezione orale e della legge sull’interruzione volontaria della gravidanza, meglio conosciuta come legge 194/78. Temi molto importanti, certamente, ma non i soli come il tempo e la ricerca clinica hanno dimostrato.
L’approccio di diagnosi e cura attento alle differenze sessuali e al ruolo di genere si è sviluppato nel corso degli anni, andando oltre la salute sessuale e riproduttiva e considerando invece i corpi di donne e uomini nella loro interezza.
Il termine fu usato per la prima volta nel 1991 quando una cardiologa, Bernardine Healy, pubblicò un articolo sul “New England Journal Medicine” che descriveva la discriminazione delle donne nella gestione delle malattie cardiovascolari. In Italia si comincia a parlarne nel 1998 con il progetto del Ministero Salute “Una salute a misura di donna”, e via via acquista sempre maggiore centralità nel dibattito sulla salute. La “medicina di genere” supera il concetto di medicina neutra uguale per tutti, è un modo più appropriato di curare uomini, donne e bambini.
La medicina di genere nasce, quindi, dall’idea che le differenze tra donne e uomini in termini di salute siano legate non solo alla loro caratterizzazione biologica e alla funzione riproduttiva, ma anche a fattori ambientali, sociali, culturali e relazionali definiti dal termine “genere”. Purtroppo, ancora oggi, si pensa che la medicina di genere sia la “medicina delle donne”.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma che elemento distintivo della medicina è quello di includere il “genere” come determinante della salute. La promozione della cultura della medicina di genere contribuisce al contrasto delle diseguaglianze di salute. Affermando un modello sanitario basato sull’integrazione di discipline diverse, espresso con il concetto di “ONE-HEALTH”.
Le diversità di genere sono importanti e richiedono attenzione ma anche azione. Esse si manifestano nei comportamenti, negli stili di vita, nel vissuto individuale, nell’ambiente, nei farmaci, nelle patologie lavoro correlate e in tutte le fasce di età: infanzia, adolescenza, anziani. Ma anche nel ricorso ai sevizi sanitari per prevenzione – screening e vaccinazioni –, nel vissuto di salute, nell’atteggiamento nei confronti della malattia e nella percezione del dolore. Non solo le donne non avvertono gli stessi sintomi degli uomini, per diverse patologie – come l’infarto del miocardio –, ma reagiscono diversamente anche ai farmaci e non è detto che ciò che è vantaggioso per la salute dell’uomo lo sia anche per la donna, e viceversa. In questa prospettiva vanno considerate anche le criticità relative allo stato di salute di persone transessuali e intersessuali che, pur condividendo molte delle esigenze della popolazione generale, presentano particolari necessità specialistiche.
Diffondere la cultura della medicina di genere serve a migliorare l’approccio diagnostico-terapeutico per rendere la medicina sempre più precisa – chiamata anche medicina di precisione – differenziandola, quindi, per donne e uomini a seconda della loro specificità.
L’Italia è l’unico Paese in Europa a essersi dotato di una legge e di un Piano attuativo che regolano l’introduzione e lo sviluppo della medicina di genere. Una vera e propria rivoluzione. (Legge 11 gennaio 2018 n. 3. All’art. 3 la predisposizione di un Piano volto alla diffusione della medicina di genere mediante divulgazione, formazione e indicazione di pratiche sanitarie.)
Legge e Piano diventano così strumenti utili non solo per gli addetti ai lavori, medici e operatori sanitari, stakeholder, ma anche per le istituzioni, le università e i cittadini affinché si passi a una fase successiva, quella operativa, per assicurare a donne e uomini appropriatezza nella prevenzione, nella diagnosi, nella terapia, nella riabilitazione e, più in generale, nella cura.
Il Piano nazionale per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere obbliga tutte le regioni e le istituzioni sanitarie a costruire dei percorsi clinico-terapeutici/genere-specifici e attenziona l’importanza di una comunicazione mirata oltre alle altre tre aree di intervento: i percorsi clinici, la ricerca e l’innovazione, la formazione.
La comunicazione svolge un ruolo determinante nella diffusione della medicina di genere. Infatti, è indicata come “leva strategica” affinché questa trovi piena attuazione e compimento. Coinvolgere il mondo dei media e dei social significa promuovere la conoscenza della medicina di genere nella popolazione generale. La persona diventa così consapevole, ma soprattutto protagonista e alleata nella strategia di prevenzione e nella costruzione della propria salute. Diffondere e divulgare la medicina di genere significa fornire informazioni “corrette”, da cui derivano stili di vita sani e percorsi appropriati di screening e cura.
L’ASP di Ragusa sta portando avanti un progetto a cura dell’UOS Educazione e Promozione della Salute Aziendale, Consultorio 2 e Ufficio Comunicazione: “Educare alla parità”. Si tratta di un percorso nuovo per diffondere la cultura di genere e di valorizzazione delle differenze nelle scuole. Il progetto è rivolto a insegnanti e alunni delle quinte classi delle scuole primarie. Le fasi del progetto contemplano: studio della normativa sulle pari opportunità e sulla medicina di genere, la formazione on line e in presenza. Fondamentale il coinvolgimento delle famiglie e l’utilizzo di modalità di comunicazione in linea col mondo giovanile con l’uso di blog e social media. Proprio per domani 8 marzo, inoltre, l’ASP di Ragusa ha organizzato un incontro su “Medicina di genere. Il genere come determinante della Salute” insieme al Consultorio 2.
Credo che la Giornata della Donna non debba essere un momento solo celebrativo ma piuttosto un’occasione per ribadire che il concetto di genere è necessario per impegnare la società tutta a un necessario cambiamento culturale che porti al rispetto e al superamento delle disparità che le donne ancora oggi sono costrette a subire.
Gianna Miceli