8 marzo. Costrette a ricordare

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8 marzo 2022. Finalmente non ci sono più barriere ad ostacolare le aspirazioni e i sogni delle donne; nella società la donna si realizza in qualsiasi ambito; a casa tutto viene condiviso senza che lei debba fare le acrobazie per conciliare famiglia e realizzazione in ambito pubblico; la sessualità e la procreazione vengono vissute in piena autodeterminazione; il patriarcato è sempre più un lontano ricordo… E invece no.

8 marzo. Dobbiamo ancora ribadire l’importanza di questa data per riflettere sui passi indietro fatti verso l’affermazione della donna nella nostra società, per scoprire che nulla è cambiato o quasi per la condizione delle donne. Perché, se da una parte molte donne sono impegnate in un lavoro oltre quello della cura familiare, dall’altra dobbiamo considerare il doppio lavoro cui sono sottoposte e che quello casalingo non è considerato tale. In più, tutti i dati statistici fanno emergere la grande sproporzione tra la disoccupazione femminile e quella maschile, e la persistente disparità salariale.

Dobbiamo ancora ricordare questa data per scoprire come il ruolo della donna nella cosa pubblica non è cambiato, oppure che la donna al comando è sì cambiata, ma si è mascolinizzata, perché non è cambiato l’agire politico, non sono cambiati i valori di riferimento, sempre coniugati al maschile. Dobbiamo ancora ricordare questa data per indignarci verso tutti i media, ma non solo, in cui il corpo della donna continua ad essere usato come una merce per attirare compratori succubi di modelli consumistici imposti, e, peggio ancora, attraverso l’esposizione di un corpo far passare la becera idea che questo possa essere posseduto, profanato, utilizzato a piacimento, ribadendo un diritto di proprietà maschile che può giustificare anche l’eliminazione fisica. E cosa sono e da dove provengono i femminicidi se non da questa cultura proprietaria, maschilista e patriarcale che fa capolino anche nei tribunali o nei verbali di polizia, quando, davanti a uno stupro viene posta la domanda “com’era vestita?” per dedurne la non tanto sottaciuta risposta: “se l’è cercata”?

Dobbiamo ancora approfittare dell’8 marzo per poter gridare che in Italia il diritto all’autodeterminazione in materia di procreazione è fortemente ostacolato dal personale sanitario obiettore di coscienza pagato dalla sanità pubblica per non svolgere il lavoro che gli competerebbe, e dalle pressioni e ingerenze quotidiane della CEI sulla vita e le scelte delle donne.

E allora ricordiamola questa data maledetta, e ricordiamoci che senza una rivoluzione socio-culturale coniugata al femminile, che porti finalmente al riconoscimento e al rispetto delle identità diverse da sé, fondando un linguaggio e una informazione adeguata, ristabilendo veri principi di eguaglianza tra donne, uomini e generi diversi, e fra questi e l’ambiente naturale anch’esso violato e stuprato da un sistema attento solo al profitto, per vivere finalmente tutti i giorni in una società dove i rapporti umani funzionano e ci si possa realizzare in piena autonomia e libertà, saremo sempre costrette a ricordare questa data, e a lottare tutti i giorni del calendario per una vera emancipazione femminile.

Letizia Giarratana