“Libere – la comunità contro il femminicidio”, ieri il convegno a Ragusa

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Si è tornato a parlare di violenza di genere a Ragusa con il convegno “Libere – la comunità contro il femminicidio”, che si è tenuto ieri pomeriggio al Centro commerciale culturale di via Matteotti. L’iniziativa è stata promossa in collaborazione tra il Comune di Ragusa, la Casa delle donne di Ragusa, l’Associazione italiana maestri cattolici, l’associazione Prometeo onlus e il centro antiviolenza “Work in progress” di Floridia.

Presenti all’incontro i rappresentanti delle istituzioni cittadine e delle forze dell’ordine, a sottolineare come quello della violenza di genere sia un fenomeno multidimensionale il cui contrasto necessita di un approccio integrato e del lavoro di rete, ma anche della partecipazione di una comunità vigile e attiva, sia in un’ottica di prevenzione, sia a protezione e sostegno di chi, vittima di violenza, ha difficoltà a riconoscere la propria condizione e a ricorrere alla giustizia.

Nella grande maggioranza dei casi, infatti, la violenza si manifesta nell’ambito delle relazioni familiari e di intimità, e per questa ragione è più difficile per la vittima ammetterla, perché ciò comporta accettare il fallimento di un progetto di vita, la perdita delle relazioni e del sostegno economico, ha spiegato Rita Palidda, docente di Sociologia all’Università di Catania. Alla base dei comportamenti violenti, secondo Palidda, permane un problema culturale, una visione del corpo della donna come appropriabile da parte dell’uomo, non diversamente dal lavoro di cura delle donne, che storicamente e culturalmente è considerato come obbligatorio e appropriabile. Palidda ha inoltre evidenziato gli aspetti della trasversalità del fenomeno, che riguarda ogni ambito della società e non solo alcune sue componenti o strati, e della sua transnazionalità.

Sono tanti gli strumenti posti in essere a tutela delle donne che subiscono violenza. Angelo Aliquò, direttore generale dell’Asp 7 di Ragusa, ha ricordato che nel 2013 l’Azienda sanitaria ragusana è stata la terza in Italia ad attivare un percorso di accoglienza denominato “Codice Rosa”, riservato alle donne vittime di violenza e che vivono in situazioni di vulnerabilità. Dal novembre 2013 a oggi sono stati registrati 369 casi, con un picco nel 2014, mentre negli ultimi due anni l’emergenza Covid ha determinato una diminuzione della protezione per le donne vittime di violenza (a fronte di un aumento dei casi, come testimoniano i dati del 1522, il numero nazionale antiviolenza e stalking). Per questo l’Asp Ragusa ha pensato a nuove strategie di assistenza e cura adeguate alla situazione di pandemia.

Emanuela Tumino, presidente dell’Ordine degli avvocati del Tribunale di Ragusa, ha tracciato una panoramica della normativa vigente a partire dalla Convenzione di Istanbul sino al “codice rosso” del 2019, che ha introdotto una corsia preferenziale e veloce per le denunce di violenza e le indagini. Sebbene gli interventi legislativi dell’ultimo decennio abbiano adeguato l’ordinamento italiano ai principi della Convenzione di Istanbul, che si basa sulle “4 P” (Prevenzione, Protezione delle vittime, Perseguimento dei colpevoli, Politiche integrate), persiste la difficoltà di ottenere una tutela piena ed efficace, ha affermato Tumino, e ciò anche per via della cosiddetta “vittimizzazione secondaria”, ossia la colpevolizzazione e denigrazione delle vittime di violenza all’interno dei contesti che dovrebbero difenderle, comprese le aule di tribunale.

Tra gli strumenti di sostegno ai percorsi di fuoruscita dalla violenza un ruolo di primo piano ha il “reddito di libertà”, un aiuto economico di 400 euro al mese per un anno istituito dal Governo nel 2020 e rifinanziato con la legge di bilancio del 2022, come ha sottolineato la deputata regionale Stefania Campo.

Nonostante i numerosi interventi e un quadro normativo significativo a livello nazionale, resta ancora molta la strada da fare, ha dichiarato la senatrice 5 Stelle Cinzia Leone, vicepresidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio e su ogni forma d violenza di genere. E ciò perché spesso le applicazioni delle norme sono tiepide e incontrano resistenze e difficoltà. Proprio la Regione Siciliana, ha affermato Leone, è l’unica tra le Regioni italiane a non aver risposto alla Commissione parlamentare circa l’utilizzo dei finanziamenti per i centri antiviolenza. La senatrice ha inoltre insistito sulla necessità di promuovere l’informazione e la formazione sul tema, sul bisogno che se ne parli tanto e nei modi corretti. Il linguaggio sessista infatti, ha commentato Leone, è pervasivo in ogni ambito della comunicazione, da quella privata a quella pubblica, come ad esempio le frequenti pubblicità che utilizzano il corpo delle donne come merce o il linguaggio giornalistico, spesso responsabile della “vittimizzazione secondaria”. Infine, Leone ha ricordato la “violenza assistita”, cioè la violenza indiretta che subiscono i bambini assistendo a maltrattamenti e abusi fisici, verbali, psicologici, sessuali ed economici a danno di figure di riferimento. Un fenomeno correlato alla violenza di genere e che necessita della maggiore attenzione da parte di tutti per tutelare i soggetti più indifesi.