Con un’articolata motivazione, il Giudice del Lavoro del Tribunale di Ragusa, Cristina Carrara, ha rigettato il ricorso di tre dipendenti comunali di Ragusa contro il provvedimento con cui Palazzo dell’Aquila aveva disposto la sospensione della retribuzione per i mesi di novembre e dicembre ai sensi della normativa attuale, essendo privi di Green Pass. I tre lavoratori avevano chiesto di svolgere lo smart working, ma l’ente non l’aveva concesso. I lavoratori sono stati costretti anche al pagamento delle spese di lite, quantificati in 2.700 euro.
I tre dipendenti di Palazzo dell’Aquila evidenziavano, nel ricorso, una presunta illegittimità costituzionale della normativa sul Green Pass, “per aver surrettiziamente imposto un trattamento sanitario non obbligatorio per legge e violato il principio di non discriminazione, le libertà di autodeterminazione e di circolazione, il diritto al lavoro e alla retribuzione”. Pertanto i tre ricorrenti chiedevano la riammissione in servizio anche in assenza di Green Pass, quantomeno in modalità smart working, “oltre alla corresponsione per le ultime due mensilità del 2021, o in subordine dell’assegno alimentare”. Il Comune, difeso dall’avvocato dell’Ente, Sergio Boncoraglio, si era costituito in giudizio. Il giudice ha osservato che: l’ente locale “ha disposto la sospensione avversata in doverosa applicazione della legge”. Per il giudice la questione di legittimità costituzionale, peraltro non sollevata nel ricorso, sarebbe “manifestamente infondata per le ragioni già espresse” anche dalla giurisprudenza costituzionale. Il giudice ricorda che, a norma dell’articolo 32 della Costituzione, “la tutela del bene della salute” è contemplata in duplice ottica: “fondamentale diritto dell’individuo” e “interesse della collettività”, nella sua dimensione sociale e oggettiva.
Chiarissimo il pronunciamento del giudice: “il diritto alla salute individuale e la libertà di autodeterminazione non hanno valenza assoluta, né possono essere intesi come intangibili, dovendo invece essere correlati e contemperati con gli altri diritti parimenti tutelati dalla Costituzione, quale quello attinente la salute pubblica”. Il giudice ricorda che se così non fosse, si avallerebbe “una malintesa concezione unilaterale della tutela dei diritti, che tirannicamente si sottraggono alla comparazione e al bilanciamento con diritti di eguale rilievo potenzialmente antagonisti, pretendendo di essere soddisfatti sempre e comunque, senza alcun limite”. La questione di fondo, quindi, è legata alla “necessità di contemperamento che il legislatore ha facoltà di stabilire le modalità attraverso cui assicurare la tutela della salute anche nella dimensione sociale, affinché convinzioni personali del singolo non si imponga despoticamente sulla salute altrui, vieppiù dei soggetti più vulnerabili e, più in generale, sul prevalere dell’interesse pubblico alla salute collettiva, soprattutto a fronte delle dirompenti condizioni epidemiologiche che ha dettato il Sars-Covid”.
E ancora: il giudice chiarisce che i diritti del lavoro e alla retribuzione soggiacciono anch’essi “al bilanciamento con diritti di pari rilievo costituzione e non risultando totalmente compromessi, ben potendo essere soddisfatti sottoponendosi alla vaccinazione anti Covid-19 o a tampone periodico”. Inoltre, “non è ravvisabile la denunciata discriminazione, per l’ovvia considerazione che i lavoratori muniti di certificazione… e coloro che ne sono privi non versano affatto in eguali condizioni, essendo questi ultimi potenzialmente più rischioso per il bene della salute collettiva… sicché è ragionevole prevedere un trattamento dissimile per gli uni e per gli altri”.
Il giudice interviene anche sul fronte dell’epidemiologia fai da te, che spesso abbiamo sentito in questi mesi in Tv o sui social. “Non compete certamente ai ricorrenti, né ha fondamento scientifico, affermare che il contrasto al contagio è raggiungibile esclusivamente con il rispetto delle regole di sicurezza indicate nei Protocolli… e avere o non avere il Green Pass non cambia nulla in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro e comportamenti connessi”. Questo perché non è il Green Pass in sé la misura di sicurezza, ma proprio la vaccinazione.