Anni fa, quando i movimenti delle donne ripresero a far sentire forte e chiara la propria voce nelle piazze con manifestazioni oceaniche contro la violenza di genere, risuonava spesso uno slogan, rivolto agli uomini in divisa schierati ai lati dei cortei: “Poliziotti, ma che ci state a fare? A casa ci sono i piatti da lavare, i panni da stirare, il frigo da sbrinare!”. Altro slogan, che come il primo ha la forza di ribaltare gli stereotipi con ironia leggera e al contempo pungente, era “Noi non siamo vestite uguali!”.
Questi due slogan scanditi in coro da migliaia di donne nelle manifestazioni di quindici anni fa potrebbero tornare utili oggi per commentare con una buona dose di ironia l’episodio avvenuto ieri in seno al Consiglio comunale di Vittoria, quando un consigliere di maggioranza ha insultato una consigliera dell’opposizione invitandola ad andare a lavare i piatti. Episodio che sorprende fino a un certo punto, perché sessismo, violenza di genere, mentalità retriva, volgarità e maleducazione sono il minimo comune denominatore del linguaggio che ancora oggi parlano la società e la politica a tutti i livelli. Non si dimentichi che solo qualche settimana fa, e solo per qualche ora, i maschi della politica nazionale invocavano a gran voce “un presidente” donna come “Capo” dello Stato. Non solo troppe “o”, ma anche un’operazione politica ambigua e fasulla.
Sono state per fortuna molte le reazioni di indignazione nei confronti del consigliere ipparino e le manifestazioni di solidarietà verso la consigliera offesa. Su tutte, la sindaca di Comiso Maria Rita Schembari stamattina ha scritto su Facebook: “Per tutti i talebani, di ogni colore, latitudine o fede politica: non esiste l’aut-aut. Noi donne riusciamo a fare tutto: crescere figli, pulire casa, amministrare aziende, persino fare il sindaco. Con un uomo intelligente al fianco, che condivida ogni peso, ancora meglio. Pertanto, rassegnatevi. E, magari, chiedete scusa. A tutte. Nessuna esclusa!”. Mentre il sindaco di Vittoria Ciccio Aiello ha reso noto, sempre su Facebook, che i piatti li lava anche lui, non è chiaro se con l’intento di solidarizzare con la consigliera o se per giustificare la frase del suo consigliere sdoganando le faccende domestiche come normale attività degli uomini.
E il punto forse è proprio questo: c’è ancora oggi un problema grosso sulla distribuzione del lavoro di cura all’interno delle famiglie italiane. Secondo il Rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, “In Italia, le donne svolgono 5 ore e 5 minuti di lavoro non retribuito di assistenza e cura al giorno mentre gli uomini un’ora e 48 minuti. Le donne quindi, si fanno carico del 74 per cento del totale delle ore di lavoro non retribuito di assistenza e cura”. Dato che pone l’Italia al quinto posto in Europa dopo Albania, Armenia, Portogallo e Turchia. Se si somma il tempo di lavoro retribuito con il tempo di lavoro non retribuito, la giornata lavorativa è mediamente più lunga per le donne rispetto a quella degli uomini. Questo fa sì che le donne abbiano meno tempo a disposizione rispetto agli uomini per occuparsi di tutti gli altri loro interessi, ad esempio la politica. Infine, continua il Rapporto, “Il contributo degli uomini al lavoro di cura e assistenza alla persona non retribuito è aumentato negli ultimi 20 anni ad una velocità annuale di 1,2 minuti al giorno. Le donne invece, hanno ridotto il tempo speso nel lavoro non retribuito di assistenza e cura di 2,1 minuti al giorno ogni anno. Di questo passo, l’uguaglianza di genere nel lavoro non retribuito di assistenza e cura potrà realizzarsi solo nel 2066.”
Il suggerimento al consigliere di Vittoria, dunque, oltre a quello di scusarsi prontamente e largamente per la sua deplorevole manifestazione sessista, è quello di considerare l’ipotesi di lavare più spesso i piatti e contribuire in generale alle faccende di casa, di occuparsi di bambini e anziani, di cambiare la sabbietta del gatto. In modo che le donne recuperino almeno una parte del tempo perduto e possano occuparsi meglio e di più di lavoro, società, cultura e politica. E, per le donne, il suggerimento potrebbe essere quello di ricordarsi sempre che non siamo vestite uguali.