Tele Iblea (e le emittenti locali) a rischio chiusura. Colpa del 5G: ecco perché

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Prima Video Uno, poi Tele Nova e ora (si spera di no!) Tele Iblea? Ragusa potrebbe rimanere senza un’emittente locale. Considerato che Video Mediterraneo e Video Regione sono di Modica. Prima trasmissione il 16 marzo del 1975, con il derby calcistico Modica-Ragusa, Tele Iblea ha fatto la storia dell’emittenza libera italiana. Ora rischia, seriamente, di alzare bandiera bianca. Non per questioni economiche o di altro tipo, come per le altre emittenti. Tele Iblea non ha debito o contenziosi. E la colpa di una possibile chiusura, allora? È del 5G. No, non è l’ennesima bufala complottista: l’avvento delle telefonia superveloce (un’operazione da cinque miliardi di euro), nelle modalità con cui è stata portata avanti dalle Istituzioni statali, causerebbe numerose chiusure di tv locali. Con l’avvento del 5G, infatti, si passa dal Digitale terrestre 1 al Digitale terrestre 2. Per molti cittadini si è tradotto in nuovo Tv o nuovo decoder (con un minimo sostegno dello Stato per l’acquisto), mentre per il sistema di trasmissione l’avvento del DVB-T2 equivale a una rivoluzione con tante incognite e costi insostenibili per le emittenti più piccole. Si riducono gli spazi (proprio per dare in concessione quelli a 5G). La questione tecnica è un po’ complessa, e proviamo a sintetizzarla. Alla Sicilia toccano 4 canali: non si tratta di 4 canali sul telecomando, ma di 4canali di trasmissione sui quali, sulla carta, possono starci una trentina di canali che vediamo in Tv. Tantissimi, si direbbe. Ma non è così. Partiamo da chi gestisce i canali: Rai Way, che ha vinto l’appalto. Ogni Tv non curerà più ponti, personale per gli interventi ecc… Ma dovrà pagare una cifra che va dai 10 ai 7 mila euro mensili, a seconda dell’ampiezza del bacino di utenti raggiunti dal canale su cui si trasmette. Una soluzione che potrebbe essere pur buona per le grosse emittenti che hanno ponti di trasmissione disseminati per la Sicilia, ma non certamente buona – in termini economici – per chi trasmette solo a livello provinciale. Ma il sistema è chiaro: vuoi trasmettere in Sicilia? Devi pagare quella cifra. E se voglio continuare a trasmettere in provincia di Ragusa? Non è possibile: o in tutta (o comunque in un ampio settore dell’Isola) o niente. Le Tv locali insorgono, anche perché – a conti fatti – quella grande disponibilità di accedere al nuovo sistema sarebbe ristretto a circa la metà delle 50 esistenti. Il motivo è che le più grandi acquistano ‘spazi’ maggiori (lo prevede la legge). Le 20-25 che potrebbero entrarci si troverebbero due problemi. Il primo: un costo eccessivo, nei fatti insostenibile. Il secondo: l’emittente provinciale trasmetterebbe su tutto il territorio regionale o in buona parte di esso. Questo, come nel caso di Tele Iblea, costringerebbe a pensare un’informazione regionale, con redazioni sparse per l’Isola. I costi, ovviamente, sarebbero assolutamente impensabili. Le Tv locali provano a resistere. “Ho scritto al presidente della Regione – spiega lo storico direttore di Tele Iblea, Mario Papa -, altri colleghi si stanno opponendo in altri modi. Stiamo facendo pressione su più fronti. Intanto perché ci sia un emendamento che sposti l’entrata del 5G, che è prevista a maggio. L’altra richiesta è che si adeguino i costi al territorio: 10mila euro al mese per Ragusa non sono la stessa cosa che per Milano. Io presenterò ricorso poi su una questione: noi vogliamo rimanere una tv provinciale, non ci interessa essere regionali, con tutto ciò che questo comporta”. Ma che possibilità di ‘resistere’ ci sono? “Non è facile”, ammette Papa. “Ma noi ci proviamo”, aggiunge. La legge, peraltro, non prevede alcuna forma di ristoro in caso di chiusura. “E chi ha dipendenti che fa? Non potrebbe nemmeno licenziarli perché la mancata disponibilità del canale non è una motivazione che si può avanzare in caso di cessazione del rapporto di lavoro”.