Il toccante messaggio di un paziente covid in via di guarigione

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Riceviamo e pubblichiamo integralmente una toccante testimonianza di gratitudine verso il personale dell’ospedale Giovanni Paolo II di Ragusa da parte di una persona curata dal Covid, in via di guarigione:

 Cari amici, voi non potete riuscire a comprendere fino in fondo cosa è significato per me, questa mattina, poter alzare la tapparella della mia camera da letto e poter invitare ad entrare il sole, che ha prima prepotentemente illuminato tutta la stanza e poi, soprattutto, il mio cuore, che si è gonfiato di gioia. Non posso ancora abbracciare i miei cari, ma posso sentirli indaffarati e felici dietro la mia porta; il Covid mi aveva spezzato le gambe e soprattutto il fiato, ma non ha scalfito la mia voglia di guarire e di tornare a casa; sono smagrito e porto evidenti i segni della sofferenza e della paura, ma è veramente tanta la gioia per lo scampato pericolo che sono sicuro che in pochissimo tempo recupererò tutte le mie forze. Ho iniziato a star male il 27 di dicembre, pur con tampone negativo, per poi essere ricoverato, grazie al tempestivo intuito del mio medico curante, il successivo 5 gennaio. Sono entrato cosi, prepotentemente, nel tunnel della broncopolmonite da Covid. Ero in ottima salute, non fumatore, abbastanza in forma, con due dosi di vaccino, ma quando ho salutato i miei, nel lasciare la mia casa, ho avuto un tonfo al cuore ed ho pensato che quella avrebbe potuto essere l’ultima volta che li vedevo. Ma mi sono fatto coraggio e mi sono affidato alla scienza degli uomini e alla mia fede Mariana, rivolgendo le mie preghiere e suppliche alla nostra Madonna di Gulfi, della quale mi onoro di essere un umile e devoto portatore. 

Cari amici, bisogna purtroppo entrarci dentro per poter comprendere cosa è il Covid; bisogna entrare dentro le prime stanze del pronto soccorso per comprendere la gravità della cosa: i pazienti, a decine, sistemati anche sulle sedie, sulle barelle, nei corridoi, senza alcuna distinzione di sesso, di età, di condizione sociale, ma tutti e dico tutti accomunati da un unico timore…. Broncopolmonite? 

A dirimere ogni dubbio la TAC. Sembra un paradosso, ma quelli più fortunati sono coloro che riescono a rimanere in quella bolgia dantesca, perché significa che i polmoni sono ancora liberi. Per gli altri, paradossalmente meno fortunati, come me, si aprono le porte del reparto Covid o se ancora più gravi della terapia intensiva. La sorte per me ha voluto benevolmente disporre la mia guarigione, ma il pensiero va mestamente a coloro che proprio in questi giorni non ce l’hanno fatta, al mio caro amico Vittorio A., al papà di Luca N., all’indimenticabile don Antonio, al mio dolcissimo compagno di stanza Giuseppe S., tutti falcidiati dal Covid: possano R. I. P. 

In questi giorni ho sentito, come non mai, la vicinanza e la solidarietà attiva dei miei amici più cari, ma devo dire anche quella delle persone che magari solo mi conoscevano, che oggi ringrazio, anche a nome dei miei familiari, che hanno vissuto con me questi tristi momenti. Ma i veri motivi che mi hanno sospinto oggi a scrivere questo lungo post sono due: voglio pubblicamente ringraziare l’azienda sanitaria di Ragusa, in tutte le sue articolazioni, iniziando dal personale del 118 che mi ha preso in carico, per giungere a quello che mi ha ricondotto ieri a casa. Ringrazio veramente di cuore il personale del Pronto Soccorso del Giovanni Paolo II, dal suo Direttore all’ultimo degli operatori: nutro per voi un grandissimo sentimento di stima, di riconoscenza, per la velocità e la precisione con la quale avete inquadrato la mia situazione clinica permettendomi una pronta guarigione. E poi come potrò mai dimenticare l’operatività del Reparto Covid: io ero lì sul letto e osservavo… Un brulicare incessante di dolcissime api – – non gialle però, ma tutte vestite di bianco candido e con delle strisce azzurre, l’azzurro della Madonna di Gulfi – – tutte indaffarate a fare qualcosa, tutte pronte a darti una parola di sostegno, di incoraggiamento, tutte dedite agli ammalati. Di loro, uomini e donne, non ho visto i volti, ma ho sentito le loro voci, a volte stanche ma mai adirate o seccate e sempre dolcissime e disponibili. Sento ancora il calore delle loro pacche sulle spalle e vedo, da dietro le mascherine, i loro occhi sorridenti quando sono iniziati i miei miglioramenti, io la notte dormivo sereno ed ogni tanto mi svegliavo perché c’era un angelo vestito di bianco che mi accarezzava la fronte o che mi sistemava la maschera dell’ossigeno o che mi misurava la saturazione. 

Sono stato orgogliosamente testimone, e di questo voglio fare pubblicamente menzione, del trattamento che tutto il personale sanitario ha riservato al mio compagno di stanza, Giuseppe S., persona anziana, mite, un po’ disagiata, sola… Non è stato lasciato solo neanche un attimo, non hanno lesinato alcun tentativo, i medici hanno provato di tutto per cercare di salvarlo, come se avessero avuto un ragazzo di vent’anni per le mani. Il mio compagno di stanza è scivolato via, verso un’altra vita, amorevolmente accudito fino all’ultimo. Giungiamo così all’altro motivo per questo lungo post: io potrei continuare a scrivere per ore parole di apprezzamento per tutti i sanitari impegnati in questa guerra, per i loro sacrifici, per i loro pericoli, per la loro perdita di socialità, per la loro fatica…. MA SECONDO ME IL VERO MODO DI RINGRAZIARLI È QUELLO DI INVITARE GLI INDECISI, I TIMOROSI, QUELLI CHE SONO CONTRARI Al VACCINI, A VACCINARSI. 

Non c’è più un’età di rispetto, ho visto giungere al P.S. un neonato di pochi mesi ed una bambina di sette anni, entrambi poi dirottati a Catania, e poi giovani e meno giovani, persone molto grandi, lo personalmente penso di essere rimasto vivo proprio grazie al fatto di essermi a suo tempo vaccinato e quindi vi invito, pur nel pacato rispetto delle proprie idee, a vaccinarvi. Probabilmente per una guarigione totale dovrò aspettare ancora un po’, ma domani mattina alzerò ancora la tapparella del balcone e farò entrare dentro quello che il destino mi ha riservato. Buona vita a tutti.