Consulta femminile, #Adesso Basta: “la bella addormentata si svegli!”

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Che fine ha fatto la Consulta femminile di Ragusa? L’organismo istituzionale preposto alla “valorizzazione del ruolo della donna” nel contesto socio-economico, politico e relazionale da un po’ di tempo sembra essersi assopito. Lo segnala in una nota l’associazione #Adesso Basta, ammessa a farne parte lo scorso 5 luglio. Da quella data, però, l’organismo non si è più riunito in assemblea e, dopo le dimissioni ad agosto 2021 della presidente Giuseppina Pavone e di alcune consultrici, ha di fatto cessato la propria attività. Non sono state ad oggi sostituite le componenti dimissionarie, né è stata eletta la nuova presidente. Una situazione di stallo che sarebbe giustificata dall’attesa ratifica del nuovo statuto da parte del Consiglio comunale, iter che risulta già avviato ma non ancora giunto a conclusione.

Nel frattempo, la Consulta non ha nemmeno continuato a svolgere le normali attività con le componenti rimaste in carica, come prevedrebbe l’art. 8 dell’attuale statuto, nemmeno quando è stata espressamente sollecitata a farlo. Alle reiterate richieste da parte di alcune delle consultrici di aderire a un’iniziativa a favore delle donne afghane, lo scorso agosto la vice-presidente facente funzioni Maria Giovanna Bentivoglio non avrebbe dato l’assenso, motivando il suo diniego con la fase “dormiente” attraversata dall’organismo.

A dicembre 2021 cinque consultrici, esercitando la facoltà prevista dall’art. 9 dello statuto, chiedono a Bentivoglio l’immediata convocazione dell’assemblea, che secondo la stessa norma dovrebbe riunirsi “almeno una volta ogni due mesi”. Nella richiesta viene sottolineata la necessità di provvedere alla sostituzione delle componenti dimissionarie e all’elezione della nuova presidente. A questa richiesta, sorprendentemente, risponde non la destinataria, bensì l’amministrazione comunale, raccomandando di soprassedere dall’intraprendere attività di rinnovo dell’organismo “per motivi di ragionevolezza”, essendo in corso l’iter per la modifica statutaria. Raccomandazione apparsa inappropriata in quanto alla provenienza e paternalista in quanto al contenuto.

Per questa ragione le consultrici di #Adesso Basta Franca Carpinteri e Maria Grazia Mezzasalma pochi giorni dopo reiterano la richiesta a Bentivoglio di convocare l’assemblea, “nella ferma convinzione che l’organismo competente a dare risposte alle ns. legittime richieste non sia l’Amministrazione Comunale ma la Presidente attualmente facente funzioni”, scrivono. “Riteniamo che l’invito del Sindaco e dei Suoi funzionari non sia da ritenersi per noi vincolante per le ragioni su esposte. L’unica raccomandazione che ci sentiamo di accogliere è quella di non rivendicare nel prossimo ordine del giorno l’inserimento della votazione per designare la nuova presidente della Consulta Femminile e, ciò, nell’intento di rasserenare tutte le componenti.”

Ultimo atto di questa vicenda, avvolta da un certo fumus di deficit democratico, è la risposta della vice-presidente, che il 23 dicembre scrive: “Visto che la nota amministrativa non ha trovato accoglimento, pur chiedendo ragionevolezza e di soprassedere dall’intraprendere attività, Vi anticipo che l’assemblea, salvo imprevisti, sarà programmata dopo il periodo festivo”. La convocazione non è ancora arrivata.

Fin qui la cronaca degli ultimi mesi, quale si evince dalla documentazione allegata al comunicato di #Adesso Basta. Le vicende “interne” alla Consulta femminile rimandano un’impressione di svuotamento delle funzioni dell’organismo per sterili conflitti e inerzia da parte di chi dovrebbe assicurarne il regolare funzionamento. Così come l’interferenza dell’amministrazione comunale nella dialettica democratica interna all’organismo risulta fuori luogo e incomprensibile. Non si vede perché, nelle more della revisione dello statuto, non si possano intanto svolgere le funzioni ordinarie e quali siano i motivi di ragionevolezza che dovrebbero giustificare la sospensione delle attività di un organismo che dovrebbe invece avere un ruolo significativo per la città. O la Consulta serve, e allora non si blocchino i lavori e si proceda celermente ad approvare il nuovo statuto e rinnovarne la composizione, oppure non serve.

E in effetti la Consulta nel corso degli ultimi anni ha via via esaurito la sua capacità di intervento e impulso. Gli aspetti critici sono diversi; tra questi, la mancanza di rappresentatività dell’organismo.

L’attuale statuto, vecchio di quasi quarant’anni, ammette a farne parte le rappresentanti di associazioni femminili operanti sul territorio, dei partiti politici presenti in Consiglio, dei movimenti femminili delle confederazioni sindacali riconosciute e di “associazioni di extracomunitari” (sic!). Nei fatti, sono escluse tutte le altre donne, singole o associate, che potrebbero voler partecipare e avrebbero forse qualcosa da proporre. Ad esempio, rappresentanti di movimenti sociali e politici, non necessariamente organizzati in partiti o associazioni, che promuovono una visione più ampia rispetto a quella strettamente “femminile” come la si poteva intendere quarant’anni fa, come le tante realtà che in tutta Italia e all’estero oggi si autodefiniscono transfemministe.

Una modifica in questo senso dello statuto aprirebbe le porte della Consulta a una partecipazione diversificata, sicuramente più giovane e molto probabilmente più dinamica e vicina alle questioni concrete che interessano le donne di tutte le età, non solo una certa fascia. E forse, in questo modo, la “bella addormentata” potrebbe anche risvegliarsi e rimboccarsi le maniche per dire e fare qualcosa di nuovo.

L’auspicio è dunque che questa “momentanea inattività” non finisca per affossare definitivamente un organismo che potrebbe invece rivitalizzarsi e assolvere compiti indispensabili per le donne, e non solo, della nostra città, ma sia da stimolo per una revisione statutaria che apra alle nuove generazioni, a fasce sociali diverse e alle istanze più attuali dei movimenti delle donne.