«Sulla fragile barca dell’umanità ci uccide l’indifferenza, ma può ancora salvarci la memoria. Il corpo dei nostri fratelli che muoiono tentando di raggiungere l’Europa, proprio nei giorni in cui questa Europa celebra la Giornata della Memoria, ci urla con quanta facilità la storia rischi di ripetersi».
Così l’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice commenta la tragica fine dei sette migranti morti la scorsa notte per ipotermia a poche miglia da Lampedusa e allo stesso tempo lancia il suo messaggio per il 27 gennaio, giorno in cui si commemorano le vittime della Shoah: «Lasciar morire di freddo qualcuno alle porte dell’Europa, alla porta di ognuna delle nostre case, significa rinnovare il disinteresse e l’indifferenza che ci rende colpevoli.
È una coincidenza che ci ammonisce: non possiamo permetterci di guardare con dolore agli stermini che siamo stati capaci di commettere in passato, se allo stesso tempo non siamo capaci di aprire gli occhi su quelli verso cui restiamo inermi nel presente».
«Ripetutamente e da più parti – prosegue Lorefice – commenteremo in queste ore, in questi giorni, la portata della raccapricciante mortificazione della dignità umana che il mondo intero si trovò davanti il giorno in cui furono aperti i cancelli di Auschwitz, e ripeteremo quel ‘never again’ che oggi è scolpito in tutte le lingue sulle porte di quei campi; tante volte ribadiremo sui giornali, nelle piazze, nelle scuole, che il dolore di quella mortificazione ci riguarda tutti, perché tutti siamo ancora esposti al rischio di essere emarginati o di emarginare, di ritrovarci vittime o di diventare complici di chi sceglie la strada della sopraffazione verso chi ci sembra diverso e verso chi è più debole.
Ecco, faccio appello alle coscienze di tutti affinché possiamo accostarci a questo necessario e prezioso momento della Memoria con un senso di responsabilità privo di qualunque ipocrisia dettata dalle circostanze.
Farci profondamente interpreti del significato di un orrore così grande significa oggi prendere posizione a testa alta e ad alta voce contro nuovi orrori che perdurano: ricordiamo i nostri fratelli morti di stenti, di fatica, di soprusi, di malattia nei lager nazisti, privati dell’identità e di ogni dignità, e troviamo il coraggio di unirci nel giudicare inaccettabili gli stenti, la fatica, i soprusi, la malattia per cui altri nostri fratelli continuano a morire nei lager libici, nei deserti che attraversano, nel mare a cui si affidano, nei respingimenti finanziati con i fondi italiani ed europei. Il dramma di cui facciamo Memoria ci aiuti a riconoscere il loro, e a non esitare più nell’accoglierlo. Perché chi non ricorda il proprio passato è destinato a riviverlo».