“L’attuale situazione pandemica a Ragusa è fotografata da due dati incontrovertibili: il 94% dei ragusani sopra ai 12 anni si è sottoposto a vaccinazione; attualmente i ragusani ricoverati per covid all’Ospedale Giovanni Paolo II sono 13, a cui si aggiungono i ricoverati provenienti da altre città.
A Ragusa i non vaccinati sono quindi pari al 6% della popolazione sopra i 12 anni. All’Ospedale Giovanni Paolo II i ragusani non vaccinati ricoverati per covid sono 4 su 13, quindi pari al 31%. Se i vaccini non funzionassero è evidente che le due percentuali dovrebbero corrispondere, ma così non è.
Aggiungo che l’unico ragusano ricoverato in terapia intensiva è non vaccinato e che 3 dei ragusani ricoverati hanno ricevuto la seconda dose di vaccino nella scorsa primavera, quindi ormai scarsamente efficace.
Su 13 ragusani ricoverati, 7 (il 54%) non hanno o non hanno più copertura vaccinale, 6 sì. Chi è privo di copertura vaccinale ha un rischio esponenzialmente maggiore di contrarre la malattia in forma grave: è un fatto.
Di fronte a questi dati evidenti e che ci toccano da vicino, la scelta di non vaccinarsi, e quindi gravare in maniera evitabile su un sistema sanitario nuovamente sotto pressione e costretto ad annullare interventi per altre patologie, è irresponsabile.
Eppure, alla notizia della zona arancione a cui Ragusa e buona parte della nostra provincia saranno sottoposte da domani, ho letto numerosi commenti che sostenevano l’inutilità dei vaccini visto che “ci chiudono di nuovo”.
Considero queste affermazioni fuorvianti e illogiche, sia per i dati che riporto, sia perché le nuove disposizioni riguardano, di fatto, chi non si è voluto vaccinare.
Le limitazioni della zona arancione non coinvolgono chi ha svolto il proprio diritto-dovere di proteggersi e proteggere contro una malattia insidiosa. Chi si è vaccinato, pur dovendo mantenere come tutti un atteggiamento prudente e rispettoso delle regole, ha vissuto e sta vivendo un inverno ben più sicuro e svincolato da restrizioni rispetto allo scorso anno, quando a un numero di contagi più basso corrispondeva una più alta percentuale di ricoveri. E anche questo è un fatto.”