Sulla puntata di “Paesi che vai” dedicata a Ragusa, andata in onda domenica mattina su RAI1, molto è già stato scritto e per lo più con toni elogiativi e talvolta autoincensanti.
Per chi non l’avesse vista, il conduttore Livio Leonardi, che è anche ideatore e autore del programma, partendo dal Duomo di San Giorgio ha sviluppato un racconto della città attraverso la visita a Palazzo Arezzo di Trifiletti, alla Cattedrale di San Giovanni Battista a Ragusa superiore, al Teatro Donnafugata, fino ad arrivare al Castello di Donnafugata per ritornare infine al Circolo di conversazione. Un racconto che si dipana attraverso le vicende di alcune famiglie nobili che furono protagoniste del periodo storico considerato, quello successivo al terremoto del 1693 in cui fiorì il celebre tardo barocco ibleo.
Se tutte le voci concordano sulla bellezza delle immagini scelte per rappresentare il nostro territorio, non tutte invece sono d’accordo sulla correttezza della ricostruzione fatta da Leonardi sotto il profilo storico-culturale, né sulla validità dell’operazione di “marketing territoriale” condotta da RAI1.
“La trasmissione su RAI1 oggi dedicata a Ragusa mi è sembrata deludente e falsa sotto il profilo storico e culturale”. Inizia così la riflessione che il professore Uccio Barone, ordinario di Storia contemporanea all’Università di Catania, ha condiviso sul suo profilo Facebook e che ha avviato un interessante confronto nei commenti al post. Il docente chiarisce: “Il cosiddetto ‘marketing territoriale’ non può giustificare tutti gli errori, le inesattezze, le assenze, le grossolane mistificazioni che hanno mortificato il ricco patrimonio dei caratteri originali della città. Ragusa non ha solo gli Arezzo (benemeriti!), ma aristocrazie virtuose ed élite colte e dinamiche che hanno fondato altre città, vicende straordinarie di imprenditori e scienziati, una storia urbanistica del Novecento unica nel Mezzogiorno, uno sviluppo locale ‘modello’ e tante altre ‘bellezze’ trascurate pur di raccontare le trite lotte tra sangiorgiari e sangiovannari o di storpiare l’etimologia di Donnafugata per inventare episodi leggendari su Bernardo Cabrera. Un racconto sbagliato dietro belle immagini. E così il servizio pubblico veicola messaggi fasulli che moltiplicano superficialità ed ignoranza. Non è purtroppo la prima volta e non sarà l’ultima. Ma questa lettura ‘esotica’ della Sicilia non serve al turismo consapevole del XXI secolo. Non è un marketing territoriale degno di RAI1. E ben altro si merita Ragusa.”