“Non è possibile assistere ancora al silenzio assordante, rispetto alla vicenda dall’inquinamento, tuttora in corso, caratterizzato da fuoriuscita di greggio, in prossimità del pozzo petrolifero “Ragusa 16” nei pressi del torrente Moncillè. Abbiamo presentato vari atti sin dall’inizio ma attendiamo ancora risposte e soprattutto l’accertamento delle responsabilità. Tutto a discapito dei cittadini”. Lo dice la deputata regionale del M5S di Ragusa, Stefania Campo, che torna a formulare un’apposita interrogazione sull’argomento. “Malgrado siano passati più di due anni e mezzo – spiega – le attività di recupero dell’olio continuano a tutt’oggi e non è stato possibile terminare le operazioni di messa in sicurezza in emergenza. Le cause di quanto sta avvenendo sono tra l’altro ancora oggetto di ipotesi. Per questo mi rivolgo nuovamente al Presidente della Regione, all’Assessore per l’energia e all’Assessore al territorio e l’ambiente affinché verifichino l’attività svolta in questi anni da tutti gli attori coinvolti (Ispra, Arpa, URIG -ufficio regionale idrocarburi e geotermia, Comune di Ragusa, Eni, Dipartimento regionale acqua e rifiuti) in merito a eventuali omissioni, ritardi o inadempienze, ma anche per verificare tutta la documentazione riguardante la sicurezza e tenuta delle infrastrutture ENI limitrofe alla zona in cui continua lo sversamento”. La vicenda, come si ricorderà, ha avuto inizio nella primavera del 2019 quando si apprendeva che nell’area di estrazione di contrada Moncillè a Ragusa, di proprietà dell’Enimed, si registrava uno sversamento di petrolio che interessava un bacino del fiume Irminio, la cui entità era allora ignota. Si è arrivati così al settembre 2020, con l’ex Provincia di Ragusa che ha redatto una relazione, trasmessa anche alla Procura della Repubblica, secondo la quale lo sversamento non sembrava fermarsi e sarebbero stati oltre 1500 i metri cubi di greggio frammisto ad acqua al 25-30% finiti nel torrente Moincillè, affluente del fiume Irmio e che tale sversamento non sarebbe addebitabile – come invece sostenuto da Enimed – a una “risalita naturale” dovuta ad attività sismica, dal momento che “nella zona dove si sta verificando lo sversamento non risulta spazialmente alcun ipocentro di terremoto per un raggio di almeno 12 km”; veniva infine contestato l’impegno della società a verificare “se tale fenomeno abbia cause non naturali, considerato che tale contaminazione risulta localizzata a ridosso del pozzo “Ragusa 16” e tutta l’area circostante risulta interessata da altri pozzi e relative opere accessorie dedicate”. “Da lì – continua Campo – una mia altra interrogazione, la 1744 del settembre 2020, con la quale chiedevo interventi alla regione ed accertamenti di eventuali responsabilità da parte di Enimed: interrogazione a cui nessuno dei soggetti interrogati ha mai fornito risposta. I cittadini hanno il sacrosanto diritto di conoscere tutta la verità sulla vicenda, e non ci fermeremo di certo di fronte al silenzio della Giunta regionale. Ecco perché siamo ancora una volta qui per chiedere conto e ragione di ciò che è successo e che sta continuando a succedere”.
Stefania Campo
Ufficio stampa, Michele Farinaccio