Ieri pomeriggio al Centro commerciale culturale di Ragusa si è tenuto il sesto incontro su “Il non amore”, la settimana di eventi dedicata alla riflessione sulla violenza di genere.
Una serie di incontri organizzati da quattro associazioni promotrici: Adesso Basta, Agedo, Amnesty International e Katastolè Prospettive.
A dare il via all’incontro è stata Elvira Adamo di Agedo Ragusa che ha ricordato quanto questi temi siano, ancora una volta, attuali. Basti ricordare ciò che è successo la scorsa domenica alla giornalista Greta Beccaglia, molestata in diretta da un tifoso, proprio due giorni dopo la giornata mondiale contro la violenza sulle donne.
Subito dopo ha preso la parola la professoressa Graziella Priulla, docente universitaria, che da anni si occupa di linguaggio e genere.
“È il linguaggio – ha spiegato – che dà vita non solo alle parole, ma soprattutto al pensiero”. “La violenza sulle donne è come un icerberg, dove sulla parte che emerge troviamo lo stupro, i femminicidi e le violenze fisiche, ma c’è tutto un substrato che è nascosto ma è ugualmente importante: sono le violenze economiche, psicologiche, istituzionali. Ancora oggi le donne vittime di stupro in tribunale vengono bersagliate da domande che riguardano il loro atteggiamento, il loro abbigliamento, come se non fossero le vittime. Ma la violenza istituzionale è fatta anche di ricatti, favoritismi, scavalcamenti”
Un substrato che porta ad avere nel mondo, ogni 8 minuti, una vittima di femminicidio. Mentre sono 7 milioni le donne che subiscono violenza solo in Italia.
“Un capitolo a parte merita la parola consenso – ha continuato la docente -. Se una donna è vittima di molestia, stupro o altro, se non urla e non si dimena con tutte le forze, per la società vuol dire che dava il suo consenso, con buona pace degli esperti che dicono che chi subisce violenze spesso si irrigidisce a tal punto che non riesce più a muoversi. Il consenso non è la mancanza del no, ma è dire il proprio sì concretamente”.
Questo è frutto di una cultura patriarcale e di una società che ancora oggi non dà il giusto peso alle donne e alle violenze che subiscono. E la dimostrazione la troviamo in come vengono raccontati i fatti di cronaca legati a questo aspetto.
La giornalista e scrittrice Cristina Obber, in collegamento Zoom, ha esposto una carrellata di titoli e articoli di giornali, riguardanti il tema della violenza sulle donne, dove spesso i giornalisti parlano di follia, raptus, gelosia addirittura ‘troppo amore’, finendo poi quasi per empatizzare con il carnefice, spesso definito ‘in lacrime’ e ‘pentito’.
Tutte parole che non fanno altro che alimentare la ‘Rape culture’ (cultura dello stupro), non permettendo alla donne di sentirsi libere.
Perché non ha senso vivere in una società dove si ha paura anche ad uscire sole la sera. Anche questa è violenza!
L’ultimo appuntamento con ‘Il Non amore’ è in programma questo pomeriggio a partire dalle ore 18,30: un momento curato da Amnesty International.