Ieri pomeriggio al Centro commerciale culturale di Ragusa, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ha preso il via la settimana di eventi “Il non amore”, dedicata alla riflessione sulla violenza di genere.
Davanti a una sala piena di donne di diverse età e di parecchi uomini, le rappresentanti delle quattro associazioni promotrici, Adesso Basta, Agedo, Amnesty International e Katastolè Prospettive, hanno introdotto i temi che verranno affrontati negli incontri in programma fino al 1° dicembre.
Franca Carpinteri, presidente di Adesso Basta, ha aperto i lavori dando un po’ di numeri, necessari per inquadrare correttamente il fenomeno nelle sue dimensioni reali. Secondo gli ultimi dati del Ministero degli Interni, dall’inizio del 2021 sono stati 103 i femminicidi, cioè il 40% sul totale degli omicidi, con un aumento del 3% rispetto all’anno precedente. Altro dato, proveniente dall’Istat: il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito almeno una volta una qualche forma di violenza fisica e sessuale. Accanto a queste forme, però, ha ricordato Carpinteri, ce ne sono altre meno evidenti e riconoscibili come la violenza economica e gli abusi psicologici.
Sono cifre che delineano i contorni di un fenomeno esteso, endemico, sommerso, strutturale, che necessita di soluzioni sistemiche e capillari. La Sicilia, purtroppo, non fa eccezione rispetto al quadro nazionale, al contrario. Il 10% dei femminicidi in Italia avviene nella nostra regione, che detiene anche il primato negativo per numero di provvedimenti di allontanamento del partner. “Non è un’isola per donne”, ha affermato la portavoce di Adesso Basta, associazione nata proprio all’indomani del femminicidio di Alice Bredice per mano del marito, avvenuto a Ragusa nel 2019.
Nel suo intervento, Elvira Adamo di Agedo Ragusa ha evidenziato come tra i 103 femminicidi avvenuti in Italia nel 2021 ci siano anche quelli di donne che hanno la “doppia colpa” di essere donne omosessuali. “Io considero vittime di femminicidio anche le persone transessuali”, ha affermato la portavoce di Agedo, associazione formata da genitori, parenti e amici di persone LGBTQI+.
Giovanna Bocchieri di Amnesty ha parlato di quella forma di violenza psicologica che avviene nei tribunali, dove non di rado accade che le donne che denunciano abusi si sentano chiedere da giudici e avvocati “Com’eri vestita?”, passando così dalla condizione di vittime a quella di imputate.
Le origini storiche della giornata del 25 novembre, che risalgono allo stupro e femminicidio di tre sorelle dominicane nel 1960 per aver protestato contro il regime, sono state ricordate da Valeria Vicari di Katastolè Prospettive. Vicari ha anche anticipato il tema dell’incontro di stasera, “Lo sguardo dell’altro. Voci maschili verso un’alleanza necessaria”, sottolineando l’importanza di un coinvolgimento degli uomini nel contrasto alla violenza di genere.
Della realtà della nostra provincia ha parlato Paola Ravalli di IntegrOrienta, la cooperativa sociale alla quale ieri mattina l’amministrazione di Ragusa ha affidato la gestione del neonato sportello antiviolenza comunale. Ravalli ha raccontato come durante i primi mesi della pandemia, quando molte donne si sono ritrovate chiuse in casa a stretto contatto con mariti e partner violenti, le richieste di aiuto arrivate al 1522, il numero nazionale antiviolenza e stalking, siano aumentate del 79,5%. Un dato impressionante, che ha reso manifesto un fenomeno che resta per lo più sommerso e che, ha spiegato Ravalli, sia a livello nazionale sia a livello locale ha caratteristiche uniformi, come emerge dal confronto dei dati di DiRe, la rete dei centri antiviolenza, con quelli relativi alla provincia di Ragusa raccolti dalla cooperativa.
Approfondire la realtà fotografata da queste cifre è fondamentale per estirpare i tanti stereotipi che si annidano nel discorso pubblico sulla violenza di genere: non un fenomeno ristretto a specifiche fasce d’età, nazionalità e condizioni socio-culturali, ma un fenomeno strutturale, che si verifica per lo più all’interno della cerchia degli affetti (partner, ex, parenti, amici), trasversale alle nazionalità e alle classi sociali e intergenerazionale, che richiede di essere contrastato con un approccio scientifico e strategie efficaci da parte di tutti gli attori sociali e politici. “Non possiamo più accettare espressioni quali ‘momentanea perdita di controllo’ o ‘raptus’ per definire i comportamenti violenti”, ha affermato Ravalli. “Ѐ una visione rassicurante quella dell’uomo violento come un malato o un reietto, ma nella realtà non è quasi mai così, la violenza è organizzata.”
Infine, una nota margine. Oggi in Sicilia sono 21 i centri antiviolenza, 37 le strutture a indirizzo segreto e 31 gli sportelli di ascolto. Il 24 novembre l’assessore regionale alla Famiglia e alle Politiche sociali Antonio Scavone ha reso noto lo stanziamento di circa 892mila euro destinati alla gestione e all’implementazione di nuovi servizi a sostegno delle donne vittime di violenza. Saranno 31 gli enti che beneficeranno di questi contributi. A fare due conti, si tratta di meno di 30mila euro per ciascun ente. Una misura che purtroppo, se confrontata con la dimensione e gravità del fenomeno, appare come una piccola goccia in mezzo al mare.