“Dare la speranza a chi forse l’ha sotterrata, come si sotterrano altre cose che non dovrebbero essere sotterrate in questo territorio”. È questo il senso dell’impegno della Chiesa ragusana nella fascia trasformata del Ragusano, dove migliaia di invisibili trainano un intero settore produttivo. Chilometri di serre tra le quali vivono uomini, donne e bambini spesso senza una casa che possa dirsi tale, un’assistenza sanitaria. Di diritti, nella maggior parte dei casi, nemmeno a parlarne. Per questo motivo, stamattina, il vescovo, Giuseppe La Placa, ha voluto che i risultati di un progetto promosso dalle Caritas di Ragusa e Agrigento, venissero presentati proprio a Marina di Acate, nella sede del Presidio, dove dal 2014 operatori e volontari offrono vicinanza, sostegno e concrete azioni di ‘cura’. Presenti il prefetto, il vescovo, le autorità militari, i sindaci di Acate e Vittoria. È stato il direttore della Caritas di Ragusa, Domenico Leggio, a dare il benvenuto: citando don Tonino Bello ha spiegato che la Chiesa, come anche le Istituzioni civili, sono chiamare a “organizzare la speranza in un territorio”. Il vescovo La Placa ha spiegato il perché di un invito, proprio in quel luogo: “Per prendere coscienza di una realtà che conosciamo tutti, anche se non riusciamo a entrarci fino in fondo”. Il vescovo, riprendendo un brano del vangelo, in cui Gesù piange per Gerusalemme, ha detto: “È la sensazione che ho provato qui nel conoscere la realtà… addentrandomi in questo territorio ho visto gente vivere in condizioni davvero poco dignitose, ho visto quelli che noi chiamiamo invisibili. Al passaggio del vescovo tanti si nascondevano. Questa realtà non può non raccogliere il pianto di Dio su questo territorio”. L’impegno di Chiesa e Istituzioni deve essere quella di “riportare alla speranza”. Valerio Landri, direttore della Caritas di Agrigento, ha spiegato che “la questione migratoria ci interpella e non solo per la fase di prima accoglienza. La parte più difficile è iniziare a costruire qui la propria vita: casa, lavoro, studi”. Da qui l’impegno a “custodire il sogno dei migranti di costruire radici nel nostro Paese… custodire è nel Dna della Chiesa… realizzarsi pienamente… custodire il desiderio di mettere radici…”. Il prefetto Ranieri ha ribadito che la migrazione non è più una questione ‘emergenziale’, ma un fenomeno che va interpretato in chiave strutturale. Ne ha rivelato la natura globale, con le diseguaglianze derivanti da scelte economiche che vengono prese a livelli più alti rispetto a quello locale e nazionale. Sono intervenuti anche i sindaci di Vittoria e Acate e il responsabile della Uil.
Infine un video (clicca QUI per vederlo) che ha documentato i risultati del progetto Hold. Tante storia, quella del giovane migrante che per 7 volte ha tentato di arrivare in Italia dalla Libia. Oggi, grazie al sostegno della Caritas, lavora e ha finalmente tolto dalla testa “quei brutti pensieri” che gli impedivano di vivere. Il suo futuro lo immagina nel gestire un locale tutto suo. Stranieri, ma anche italiani, che hanno partecipato a tirocini formativi. “Il progetto Hold – ha spiegato Leggio – colma dei vuoti causati dello stop ai corsi di formazione professionale. Così si è data una speranza a tanti ragazzi che volevano specializzarsi in un settore”. Nelle parole di Amel, tutto il valore dell’impegno di Presidio per i ragazzi. “Ho avuto la possibilità di vedere un altro tipo di vita. Il momento più difficile è quando non parlavo italiano, non riuscivo a comunicare con gli altri. Poi qui ho imparato… la cosa più bella è quando l’anno scorso siamo stati promossi. Era bellissimo sentire che tutti eravamo stati promossi.Tutti ci dicevano bravi, ci incoraggiavano”. Importanti risultati del doposcuola, che in tempo di pandemia ha permesso a tanti bambini e ragazzi di seguire le lezioni in Dad e di studiare: alla fine dell’anno, tutti promossi. Proprio Amel ha chiuso il video con un appello: “Non lasciate mai il vostro sogno, fate l’impossibile per realizzarlo”.