Una storia da leggere, su cui riflettere, da prendere ad esempio. L’ha raccontata il sindaco Cassì sul suo profilo facebook. La condividiamo, volentieri, integralmente.
“Voglio raccontarvi una storia tutta ragusana. Perdonerete la mancanza di riferimenti precisi, ma capirete presto.
Ormai mesi fa, un’educatrice impegnata a seguire alcuni ragazzi nell’attività di doposcuola, ha notato in uno di loro i segnali inequivocabili di un momento di difficoltà familiare. Un paio di scarpe bucate, per fare giusto un esempio, erano il sintomo di ristrettezze economiche che finivano per toccare inevitabilmente anche il bambino, per questo preso di mira da alcuni compagni. Già qui, questa storia dovrebbe dare a noi genitori, per primi, un insegnamento.
Le conferme delle ristrettezze economiche trovavano purtroppo conferma con la didattica a distanza, che tramite uno schermo mostrava all’educatrice le precarie condizioni dell’abitazione in cui il bambino viveva: la cucina ridotta ai minimi termini, le pareti del salotto coi mattoni forati a vista e soprattutto la cameretta del ragazzino inesistente, priva di ogni mobile ma anche di infissi, di pavimento.
È stato a quel punto che l’educatrice – lasciatemelo dire: straordinaria! -, che già si era prodigata in regali utili per il bambino, ha iniziato a cercare un contatto con i suoi genitori, a stringere una relazione umana ed empatica con la scusa, ad esempio, di un pensiero per Natale.
Ciò che ha visto – e che non sto qui a raccontare – le ha letteralmente tolto il sonno, animando in lei il forte e urgente desiderio di aiutare una famiglia che stava vivendo un momento assolutamente pesante. Può capitare a tutti un brutto periodo, di lasciarsi andare.
Proprio in quei giorni, purtroppo, la madre, che già pativa importanti problemi di salute, è stata ricoverata in ospedale per una polmonite causata dalle gelide temperature della casa. Impossibile continuare a vivere in quelle condizioni.
L’educatrice, giovanissima, a quel punto ha chiesto aiuto ai suoi genitori, che a loro volta hanno richiesto il supporto di amici e conoscenti mettendo in campo una rete di solidarietà straordinaria, composta da circa 30 persone che, fino a quel momento, in parte nemmeno si conoscevano tra loro.
In un mese e mezzo circa, questi 30 cittadini qualunque hanno investito tempo, denaro e fatica per trasformare un’abitazione diroccata in una vera, confortevole, casa. C’è chi ha elargito donazioni importanti, chi ha regalato mobili, chi si è occupato dello sgombero e del trasloco, chi ha messo a disposizione otto operai e ci sono gli stessi operai stranieri – e lo sottolineo volutamente – che non hanno voluto essere pagati.
Conclusi i lavori c’è stata una festa, di cui la torta che vedete in foto è una testimonianza. Con pane fatto in casa e prodotti della terra i genitori del bambino hanno ringraziato la loro “nuova famiglia” e continuano a farlo ancora, perché questa unione straordinaria non si spezza ma anzi si rafforza.
Ho incontrato questi cittadini, esempio straordinario di come Ragusa sia una città che proprio non sa cedere all’indifferenza, venerdì pomeriggio. Hanno voluto raccontarmi la loro storia affinché, attraverso me, possa essere di esempio ad altri e risvegliare quel gran cuore che i ragusani hanno sempre avuto. L’impegno adesso è per sostenere la ripartenza della loro attività agricola familiare. So che anche questo obiettivo sarà raggiunti.
Concludo con poche parole dell’educatrice, illuminanti: “Se vedo qualcosa che non va e io posso fare qualcosa, non ce la faccio a non fare niente”.
Ragusa ha questo spirito, questo cuore qui”.