C’è preoccupazione “sugli effetti che la ripresa dell’inflazione, prevista su valori superiori al 3% entro fine anno, potrà avere sui comportamenti delle famiglie”: l’Ufficio Studi di Confcommercio lo ha ribadito anche commentando i dati sulle vendite al dettaglio nello scorso agosto. È un timore che deriva dall’osservazione di ciò che succede nell’economiaglobale, con la ripresa che porta con sé il rincaro di materie prime, noli marittimi e bolletta energetica. E tutto ciò, ovviamente, non risparmierebbe l’area iblea.
“Nonostante qualche prevedibile misura cuscinetto transitoria approntata dal Governo, l’indice dei prezzi al consumo in ottobre potrebbe mostrare una variazione ben superiore al 3% tendenziale. La media del 2021 –sottolinea il presidente provinciale Confcommercio Ragusa, Gianluca Manenti, facendo riferimento a quanto accaduto sul nostro territorio – potrebbe così avvicinarsi al 2%, con un trascinamento sul 2022 che spingerebbe l’inflazione, senza considerare particolari ulteriori shock, sopra il 3% in modo piuttosto stabile”. Lo scenario che si sta disegnando, quindi, è quello di un’inflazione rilevante per almeno dieci-dodici mesi. A livello congiunturale, l’Ufficio Studi sottolinea che ad agosto l’indice generale dei prezzi al consumo (Nic) ha raggiunto il 2%, un livello che non si toccava da otto anni e che a settembre c’è stata un’ulteriore accelerazione al 2,6%. Il tutto senza che si siano ancora scaricati i rincari degli ultimi mesi e senza considerare eventuali aumenti delle quotazioni delle principali borse merci e crisi shock sempre possibili che potrebbero portare l’inflazione al 4% la prossima primavera. In ogni modo, il trasferimento di potere d’acquisto all’estero per materie prime, energia e noli, è un fenomeno preoccupante che erode la capacità di spesa delle famiglie. “Ce ne stiamo accorgendo anche qua da noi –prosegue Manenti – è un’inflazione inattesa che riduce il potere d’acquisto delle famiglie sia per quanto riguarda il reddito che la liquidità. Ecco perché è necessario, ora più che mai, rafforzare la crescita economica, in modo tale che una parte cospicua degli impulsi inflazionistici sia assorbita dentro la variazione dei margini aggregati delle imprese”.