«Il carcere non diventi mai un’obitorio della speranza ma piuttosto una “grande sala parto” nella quale, vite segnate dalla sofferenza e dall’esperienza del male, possono rinascere a vita nuova»: sono le parole pronunciate dal vescovo, monsignor Giuseppe La Placa, lo scorso 15 settembre all’interno della casa circondariale di contrada Pendente. Accompagnato dal cappellano padre Carmelo Mollica, il vescovo ha voluto incontrare i detenuti e il personale che opera all’interno del penitenziario. È stata un’esperienza forte che ha toccato il cuore del vescovo e di tutti i presenti. «Un raggio di sole – ha detto al termine della visita padre Mollica – è entrato nel carcere di Ragusa. Grazie eccellenza per questo raggio d’amore e di luce che è scaturito dal suo cuore per noi tutti».
Ad accogliere il vescovo erano stati la direttrice Giovanna Maltese, la comandante del reparto di Polizia Penitenziaria Chiara Morales, e lo stesso cappellano padre Carmelo Mollica. A salutare il vescovo anche un grande cartello “Benvenuto vescovo Giuseppe” che testimoniava l’attesa e la trepidazione della comunità carceraria per la visita di monsignor La Placa. Nella cappella del carcere erano presenti anche gli agenti della Polizia Penitenziaria, gli educatori, il personale civile, i medici e gli infermieri dell’area sanitaria, le suore, i catechisti, i volontari, i responsabili della cooperativa “Sprigioniamo Sapori” e dell’associazione “Ci ridiamo su”. Dopo una breve introduzione da parte del cappellano dell’istituto, che ha ringraziato il Signore per la presenza del vescovo e dopo avergli rivolto un caloroso benvenuto, ha preso la parola la direttrice Maltese che ha esposto al Vescovo la situazione odierna del carcere di Ragusa evidenziando tutte le difficoltà legate alla pandemia e sottolineando al contempo la disponibilità di tutto il personale nei confronti delle persone detenute. Particolare attenzione è stata data ai progetti attualmente in atto all’interno dell’Istituto per aiutare chi vuole successivamente inserirsi nel mondo del lavoro e la possibilità di intraprendere e completare un percorso di studi dalla scuola di alfabetizzazione fino alla scuola alberghiera.
La comandante Morales ha ringraziato monsignor La Placa per la sua disponibilità e ha tratteggiato il ruolo della Polizia Penitenziaria, concludendo il suo intervento citando il motto del vescovo “In Simplicitate Cordis” che diventa uno stile vincolante per tutti. Al termine di queste riflessioni ha preso la parola il vescovo che con semplicità, parlando a braccio, ha entusiasmato tutti i presenti. «Il carcere non diventi mai un’obitorio della speranza – ha ammonito – ma piuttosto una “grande sala parto” nella quale, vite segnate dalla sofferenza e dall’esperienza del male, possono rinascere a vita nuova. Gli operatori sono veri e propri ostetrici della speranza. Tutti gli operatori dell’istituto – ha aggiunto – sono chiamati a far emergere il bene che esiste nel profondo del cuore di ogni uomo. In questo non fanno altro che rispondere ad una fondamentale vocazione che è quella di aiutare chi ha sbagliato a far riemergere l’immagine e somiglianza di Dio impressa in ogni uomo e in ogni donna. Dio sosterrà il vostro servizio vissuto con la semplicità del cuore».
Il vescovo ha quindi benedetto i presenti, donato loro un’immagine della Vergine Maria Addolorata e, partecipato a un momento conviviale nel giardino, arricchito dai prodotti della cooperative “Sprigioniamo Sapori” e dell’associazione “Ci ridiamo su”, che operano all’interno dell’istituto coinvolgendo nel lavoro direttamente alcuni detenuti. La cooperativa “Sprigioniamo Sapori” produce nel laboratorio interno di pasticceria torroni, croccantini, creme spalmabili ed altri dolciumi; mentre l’associazione “Ci ridiamo su” ha creato nei vasti giardini interni dell’istituto un orto sociale dedicato alla enciclica di Papa Francesco “Laudato si”, utilizzando un’agricoltura biodinamica.
Salutati gli operatori è finalmente arrivato il momento tanto atteso: l’incontro con tutti i detenuti che, per le restrizioni imposte dalla pandemia, è avvenuto all’interno delle celle che il vescovo ha visitato una per una, in un’atmosfera di grandissima emozione e commozione. Il vescovo, proprio come Gesù, ha incontrato le sue pecorelle smarrite, ha chiesto il nome a ciascuno e la città di provenienza, ha parlato con tutti, ha risposto a tutte le domande, ha benedetto le celle e tutti i presenti che lo hanno richiesto augurando a tutti pace, serenità e benessere. Ha pregato per le famiglie e per i defunti di tutti i detenuti. A ciascuno di loro ha consegnato dei piccoli ricordi con la preghiera del detenuto per le persone ristrette di fede cristiana e una frase pronunciata da San Giovanni Paolo II a Regina Coeli per i detenuti di altre fedi.
«Indescrivibile – ha commentato padre Mollica – la gioia. Per accogliere monsignor La Placa ciascuno aveva pulito e ordinato la propria cella esattamente come facciamo tutti a casa quando aspettiamo ospiti; era tutto profumato e brillante come non mai».