Emiliano Amico, operatore della Caritas diocesana di Ragusa, ha perso il papà a causa del Covid alcuni mesi fa. Una morte improvvisa, senza neppure la possibilità di un ultimo saluto. Un dolore enorme, ma – nella luce della fede – Emiliano rilegge questa esperienza personale, magari perché possa essere d’aiuto ad altri.
Riproponiamo integralmente la sua riflessione:
“Come oro nel crogiolo
Dopo tanti anni da quando il Signore mi ha chiamato alla sequela del suo Vangelo, rivedo spesso un passo che mi ha molto toccato; “Accetta quanto ti capita e sii paziente nelle vicende dolorose, perché l’oro si prova con il fuoco e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore. […] [Siracide 2,4-5]” una Parola di Dio che quando viene ascoltata in tempi normali fa pensare e riflettere.
Cosa può significare questo “come oro” nelle parole del Vangelo?
Se pensiamo all’immagine dell’oro nel crogiolo ci riferiamo al processo di fonditura dell’oro, dove questo viene liquefatto nel crogiolo dopo essere stato esposto a temperature elevatissime. Se la fede viene provata come oro nel crogiolo, vuol dire che la fede dell’uomo viene sottoposta a sollecitazioni inimmaginabili, elevate come la temperatura di fusione. In questo modo la fede, cioè l’amore a Dio verrà forgiata come Egli desidera che sia.
Io non avrei mai pensato che questo dovesse toccare a me, e soprattutto in un modo tanto singolare. Credevo che il Signore agisse in maniera meno estrema, non ero di certo preparato alla morte di mio padre.
Nell’era della pandemia, abbiamo tutti provato un dolore profondo, ma chi ha perso qualcuno ha avuto una ferita in più. Oltre alla perdita non abbiamo potuto ascoltare l’ultimo respiro dei nostri cari, io non sono potuto rimanere accanto a mio padre morente, non gli ho potuto tenere la mano e non l’ho potuto accompagnare fino al suo ultimo respiro. Nell’ultimo passo è stato solo.
L’ultima volta che l’ho visto stava per essere accompagnato dai sanitari in ospedale per essere curato dopo l’aggravarsi delle sue condizioni. I dottori ci rassicuravano, ci dicevano che papà non era così grave. Ci siamo guardati, i nostri sguardi si sono incrociati un’ultima volta, i nostri destini si sono allontanati su poche semplici parole: “Papà” dissi io, “Emiliano” rispose lui, e niente più. Ci rincontreremo nell’altra vita e niente più.
Sono stati giorni terribili perché ogni giorno era flebilmente appeso alla telefonata del primario che ci ragguagliava sulle condizioni di papà.
La situazione andava sempre peggiorando, lentamente, inesorabilmente. Fino a quando non arrivò la chiamata, di prima mattina. Ci viene comunicato con freddezza che papà aveva avuto un arresto cardiaco e non ce l’aveva fatta.
Dio ci mette alla prova, ma ci sostiene. Tre giorni prima della dipartita di papà da questa terra, mamma mi chiese: “Emiliano, cosa ne pensi di questa situazione?”. Mia madre e mia sorella erano affette dal Covid nella casa in cui sono cresciuto, per me era straziante non poterle vedere e toccare fisicamente, ci sentivamo soltanto via telefono. Pregavamo insieme in video chiamata. Io risposi soltanto con le parole che Dio aveva depositato nel mio cuore: ”sia fatta la volontà di Dio”, in altri tempi non avrei mai detto nulla di simile.
Per me sarebbe stato come avallare il peggio, aspettarsi il peggio, non sperare e dare il permesso a Dio per far accadere l’inesorabile. Ovviamente avrei sbagliato. Nell’interpretare ciò avrei sbagliato, Dio non vuole la nostra caduta ma la nostra eterna salvezza, Dio mi stava preparando ad accettare il passaggio dell’anima di mio padre nel regno dei cieli. Dio non ci abbandona neanche nel momento della più buia disperazione. Dio non lascia mai nessuno.
Tutte le sere abbiamo continuato a pregare, per ottenere la misericordia di Dio ed evitare l’inesorabile. Giorni terribili, giorni neri, giorni in cui il mondo è fermo in una bolla soffocante in cui sembra di essere circondati da un silenzio ovattato, che impedisce di pensare o comunicare lucidamente. Nessuna parola umana può darti conforto, in fondo c’è una luce però, la luce di Dio. Una luce fissa, inamovibile che è dentro di te e ti dà la sicurezza che non sprofonderai nei meandri della terra come senti, che non smarrirai i tuoi passi anche se cammini al buio. Nonostante la prova così dura Lui ti guarda ed è sempre li a sostenerti. Ma questo non significa che il dolore passi, il crogiolo del fuoco fa il suo ingrato lavoro, scioglie e muove le forme modificando il reale. Il crogiolo agisce e l’abile artigiano plasma il materiale, la metamorfosi non è semplice. La fede viene purificata, intraprendi il tunnel del fuoco per essere purificato nel dolore, la tua fede è rafforzata, inossidabile, oramai, difronte alle schegge del dubbio. Il dolore ti trasforma, la grazia di Dio agisce tramite esso, silenziosamente senza che tu comprenda un’infinitesima parte di quello che ti sta succedendo. Tu non comprendi, l’unica cosa che comprendi è l’abbandono verso Dio; “ecco signore ho le mani vuote e il cuore distrutto” pensavo, “solo tu puoi sostenermi ora”. Per tanti anni quando nel mio lavoro e non solo, capitava di incontrare persone sofferenti, ho sempre cercato di essere un aiuto, un conforto. In questo frangente le parole di Giobbe parlavano al mio cuore, dicendo “[ Giobbe 4,4-7 ]le tue parole hanno sorretto chi vacillava e le ginocchia che si piegavano hai rafforzato. Ma ora che questo accade a te, ti è gravoso; capita a te e ne sei sconvolto. La tua pietà non era forse la tua fiducia, e la tua condotta integra la tua speranza? Ricordalo.”
La mia forza era solo quella, ritornare con lo sguardo a Dio con la certezza che quelle parole che avevo donato agli altri ora erano per me. Perché quelle parole non erano frutto della mia mente o della mia cultura, erano certezze che Dio infondeva nel mio cuore. Il cammino della fede non è certamente solo ascoltare l’Amore di Dio e percepire la sua tenerezza. Camminare nella fede è anche camminare nella notte oscura, una notte in cui si è purificati.
Questa situazione di prova e di silenzio, mi ha fatto riflettere. Spesso la Bibbia viene in aiuto; mi viene in mente il momento in cui Bartimeo chiede al Signore di aiutarlo a trovare il senso della vita. Quando si ha un dolore così forte a volte ci chiediamo proprio questo, non sai che senso abbia questa sofferenza, non sai più perché andare avanti. Allora in quel caso bisogna chiedere, gridare al Signore di ridare a noi il senso perduto della vita che ancora continua. Il senso della vita certamente, Santa Teresina direbbe, è amare Te o Signore. Purtroppo, però presi dalla frenesia del vivere cerchiamo di appagarci con le cose e dimentichiamo il senso vero della vita che è quello solo quello di amare Dio, solo qui il nostro cuore trova pace, solo lì si trova il vero senso dell’esistenza.
Spesso qualcuno mi diceva magari non credendo, mi poneva la domanda: “Come ti spieghi questa cosa nella fede?” Voglio ringraziare Dio che mi illumina con la sua luce; sono infatti sicuro che non è Dio che produce queste disgrazie, la colpa è sempre dell’uomo e delle sue scelte sbagliate. La malattia non è opera sua, siamo sbadati spesso, non prendiamo tutte le nostre precauzioni. Mio padre è un esempio di questo tipo, lui ha preso sottogamba la pandemia, non prendendo sufficienti precauzioni. La volontà dell’uomo è caduca, fallace.
La mia fede non è venuta meno e oggi voglio ringraziare Dio. Attraverso il dolore mi sta parlando e conducendo a una fede meno bambina, più adulta. Non è la fede “di Aladino”, dove sfregando un monile si evochi un genio misterioso, schiavo dei nostri desideri, pronto ad esaudire le nostri richieste effimere.
Come Cristo sulla Croce ha detto “Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato”, bisogna tenere lo sguardo fisso su Dio e amarlo anche nel dolore, poiché il senso della nostra esistenza sosta sul Suo Volto.
Ho voluto scrivere queste righe perché qualche fratello o sorella possa trovare la forza in queste parole, la forza di non smarrirsi nella fede. Spesso è facile dare dei consigli: “Non ti scoraggiare, Dio è con te, Dio ti ama! “
Spesso il sofferente potrebbe pensare che l’altra persona non sa veramente cosa si stia attraversando, quale dolore lacerante sia un lutto. Oggi posso dire invece con consapevolezza e piena cognizione, “Fratello anche se dovrai attraversare una valle oscura, il suo bastone e il suo vincastro ti daranno sicurezza, perché Dio è sempre con noi”. Questo non vuol dire non vivere il dolore, la disperazione, la solitudine, il lutto e le difficoltà della prova. Il dolore lacerante rimane, però rimane lo sguardo di Dio che ci aiuta a risorgere a una vita più piena, più sapiente e più essenziale”.