‘Orizzonti sfuocati’. È il titolo che il collega giornalista Alessandro Bongiorno ha scelto per una riflessione che riporta su facebook. Un’analisi che condividiamo sulle nostre ‘pagine’ on line perché possa diventare argomento di confronto.
“L’isola nell’isola, il “modello Ragusa” forse davvero mai esistito, le speranze tradite del turismo. Una provincia senza classe dirigente e con istituzioni debolissime sopravvive senza entusiasmo, senza progetti. Ragusa si è affacciata stanca al terzo millennio. Oggi è una realtà che spinge in salita con fatica senza più le certezze su cui ha costruito le sue fortune e con orizzonti che vanno sfuocandosi. Come tutte le realtà del Sud, paga un tributo molto alto all’emigrazione dei giovani che per studiare e lavorare scelgono contesti più aperti e dinamici. L’industria sopravvive ed è ancora legata alle produzioni della filiera delle costruzioni e, in parte, della trasformazione dei prodotti agricoli e lattiero-caseari, con qualche bella eccezione si affaccia nel settore dell’informatica. L’edilizia ha già costruito tutto quello che c’era da costruire (e anche di più) fagocitando terreni e, nelle località balneari, speranze legate a un futuro diverso. L’agricoltura e l’allevamento sono ancora le basi della ricchezza dei ragusani che, però, sono costretti a cedere la maggior parte dei frutti del loro lavoro alle multinazionali della grande distribuzione, accettando compensi che sono sempre meno remunerativi e spingono sempre più aziende sull’orlo del baratro. Il turismo ha tradito le attese. La proclamazione dell’Unesco, le bandiere blu, la fiction del Commissario Montalbano, l’istituzione del Parco degli Iblei, i ristoranti stellati, l’aeroporto di Comiso, il porto di Marina di Ragusa hanno acceso i riflettori su questa terra ma non hanno creato una vera alternativa all’economia industriale. I grandi villaggi turistici sono per lo più in mano a società straniere, multinazionali, fondi d’investimento e offrono un’occupazione stagionale con profili medio-bassi che finiscono con l’attrarre soprattutto i lavoratori stranieri. E sono sempre di più i giovani che scelgono di lavorare nel settore turistico all’estero dove trovano più tutele e maggiore attenzione alla loro formazione. La pandemia non ha aiutato questa realtà sfibrata e le risorse del Recovery Plan prenderanno strade diverse da quelle battute dai siciliani.
La provincia di Ragusa così invecchia ogni anno di più, disperdendo preziose energie e quella forza e quell’entusiasmo che servirebbe per rilanciarsi”.