Morire sotto gli occhi del figlio, sul posto di lavoro. Difficile pensare un evento più terribile, ma è esattamente quel che ha dovuto subire Raffaele Antoci, operaio Comisano 53enne, che un anno fa perse la vita drammaticamente mentre portava a termine un’attività svolta chissà quante volte.
Per quel tragico evento, come stabilito oggi dal GUP dott. Ivano Infarinato del Tribunale di Ragusa durante l’udienza preliminare, sono stati rinviati a giudizio M.L e G.L., rispettivamente datore di lavoro e dirigente dell’impresa edile ragusana presso cui lavorava la vittima.
La famiglia Antoci, assistita in questa fase da Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato negli incidenti sul lavoro con sedi a Catania e Agrigento, ha visto durante l’udienza ricostruito nei dettagli quanto accadde quel giorno.
Era il 13 maggio del 2020 e Raffaele Antoci, operaio molto esperto, si trovava alle prese con il montaggio delle passerelle di servizio di un impianto di produzione di calcestruzzo, composto da alcune tramogge di carico e da un sistema di vagonetti su binari sospesi per il trasporto dei materiali.
All’improvviso, però, mentre stava montando l’ultimo tratto di passerella, l’operaio fu travolto di spalle dal vagonetto trasportatore, che era in funzione nonostante il montaggio in corso, rimanendo incastrato tra esso e la tramoggia vicino a cui stava lavorando.
Immediati ma vani i soccorsi dei colleghi e dei sanitari, a causa del gravissimo trauma cranico riportato nello schiacciamento: Raffaele Antoci morì sul colpo, davanti agli occhi straziati degli amici e del figlio, che proprio in quel cantiere stava apprendendo il mestiere che lo avrebbe messo sulle orme del padre.
Subitanei anche i rilievi delle forze dell’ordine e l’apertura dell’indagine da parte del pubblico ministero Monica Monego, che raccogliendo le testimonianze dei presenti, i dati raccolti dai Carabinieri e i verbali di ispezione redatti dallo S.Pre.S.A.L. del Dipartimento di Prevenzione dell’Asp di Ragusa ha potuto ricostruire con precisione la dinamica dell’incidente.
Raffaele Antoci era stato incaricato da G.L. di costruire un tratto aggiuntivo di passerella in una zona però vietata e molto pericolosa perché in piena traiettoria di percorrenza dei vagonetti trasportatori, cosa tra l’altro espressamente ed assolutamente vietata in più parti del libretto d’uso e manutenzione dell’impianto in questione. La zona, peraltro, rendeva impossibile l’avvistamento della vittima da parte dei colleghi impegnati nella sala comandi, impedendo quindi anche eventuali manovre di emergenza che avrebbero potuto evitare l’impatto mortale tra l’uomo e il vagonetto.
Spetterà al giudice, ora, attribuire definitivamente le responsabilità. Il processo prenderà il via il 19 novembre con l’udienza dibattimentale.
“Ci troviamo di fronte all’ennesimo caso di morte sul posto di lavoro – sottolinea Diego Ferraro di Giesse Canicattì – per la quale ancora una volta le indagini ci mostrano quanto questa tragedia fosse evitabile. Sottovalutare i rischi a cui possono essere sottoposti i lavoratori è un errore imperdonabile ma ancora troppo frequente, speriamo che questo caso riesca almeno a contribuire ad un risveglio di coscienza nelle aziende della nostra terra”.