Sheida Morshedi è una giovane mamma che ha avuto un post parto difficile e travagliato, ma che è stata accompagnata con dedizione da medici e infermieri del reparto di Rianimazione dell’Ospedale Giovanni Paolo II di Ragusa, che ha deciso di ringraziare tramite post Facebook che riportiamo.
“Volevo raccontare un fatto accaduto il giorno dopo il cesareo, nel reparto di rianimazione di terapia intensiva. Quel giorno sono venuti tanti medici a vedere la mia situazione, insieme al primario chirurgo di ginecologia che mi ha operato”. Inizia così il suo racconto Sheida, spiegando che quando le fanno l’ecografia all’addome, notano che ha in corso un’emorragia interna e quindi decidono di sottoporla a una TAC.
Quel giorno insieme a me ricordo c’era anche un infermiere giovanissimo di nome Vito, del ’90 come me…lui è stato davvero speciale in quei giorni, cercava sempre di farmi coraggio e strapparmi un sorriso con le sue battute positive, allentando quel clima serio e meccanico che contraddistingue per natura un reparto di rianimazione. Lui mi guardava con gli occhi diversi, trapelava il suo dispiacere nel vedermi in quelle condizioni”.
E così Vito prova a farla ridere e rasserenare con battute e aneddoti divertenti.
“Intanto dopo una riunione tra i medici, decidono di incidere la mia pancia e mettermi un secondo tubo per drenare il versamento. Io ero spaventata, non trovavo serenità e pace, nel viso di nessuno dei medici.
Cominciano ad operare, io in un’attimo di sconforto prendo la mano del primario di rianimazione che si trovava affianco a me, una persona anziana… ma nonostante tutto era ricurvo sul letto, con espressione seria e schiva al contempo… Lui mi stringe forte la mano, io lo guardo negli occhi, commossa e sconfortata, lui mi rassicura con il suo sguardo… Terminata l’operazione torniamo nel reparto di rianimazione e constatato che la quantità di sangue che usciva dall’ulteriore tubo di drenaggio era considerevole, i medici pensando il peggio, decidono comunque di aspettare un paio d’ore.
Alle 14:00 finiscono il turno, e tutti vanno a casa, felici di aver finito la giornata di lavoro.
Invece, il Dottor Rabito e Vito no, erano ancora li.
Vedevo il Dottor Rabito molto pensieroso, andava avanti e indietro, ai piedi del mio letto e guardava la sacca del drenaggio che si riempiva in pochi istanti“.
Così, quando il dottore torna, le dice che vorrebbe trasferirla in elisoccorso in un’altra struttura.
“Ho guardato Vito: ‘Ti prego, chiama mio marito. Fammi vedere la mia piccola Nila prima di andar via’. Lui mi ha guardato intensamente e tremando ha chiamato il numero di mio marito e nel frattempo chiedeva al superiore se poteva farmi vedere la mia piccola, ma non c’era tempo da perdere.
In 5 minuti ero sull’elisoccorso.
Mi ricordo Vito, dispiaciuto, mi guardava negli occhi dicendomi: ‘Non ti preoccupare, andrà tutto bene’.
Quando è tutto finito e sono tornata a casa, dopo aver recuperato un po’ di forza,
ho desiderato abbracciare i miei Angeli in particolare Vito, e il Dottor Rabito…
Sono orgogliosa che ancor oggi si trovano medici così, con un cuore enorme, che non ti guardano come un paziente qualsiasi, come un caso clinico, ma consapevoli del valore della vita di una persona, un’anima, che ha ancora da dare tanto al mondo se viene salvata…
Mi piacerebbe pensare un mondo dove tutti i medici dottori e infermieri sono come il Dottor Rabito e come il dolcissimo Vito. … che salvano le vite ogni giorno senza risparmiarsi, non facendo mai mancare un sorriso, una carezza, una decisione importante, anche se hanno passato una brutta giornata .
Non è facile dare la Vita
Ma è semplice dare il cuore“.
Rossella La Terra, Osvaldo Cappello e altri 194
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