Quel 29 aprile di un anno fa la città fu scossa da un’onda di sgomento e incredulità: si era diffusa la notizia di un orribile delitto, quello di una giovane donna per mano del marito, a sua volta, suicidatosi subito dopo. Ragusa, apparentemente, tranquillo capoluogo della provincia più a sud d’Europa, mai aveva vissuto una tragedia così efferata. Sei mesi prima c’era stato il femminicidio di un’alta donna da parte del marito, ma l’episodio – di pari gravità – era stato quasi catalogato in modo superficiale e ingiusto come l’epilogo pressoché incidentale di annosi dissapori all’interno di una “vecchia e arrugginita” coppia di anziani. Proprio un anno fa, alcune donne decisero che il femminicidio di Alice Bredice non poteva passare sotto traccia né, tanto meno, poteva declinare sul crinale provincialistico e meschino delle illazioni, congetture, verità distorte e fantasiose. Si tentò, così, di indirizzare la corrente emozionale verso una rinnovata consapevolezza collettiva di lotta e contrasto contro la violenza sulle donne, per la libertà delle stesse a decidere del proprio destino e di quello dei propri figli. Questo sentimento e questa coscienza ritrovata furono testimoniate dal migliaio di persone che parteciparono alla fiaccolata per Alice che si tenne un mese dopo, il 29 maggio, e che si snodò con tutto il proprio dolore per le vie della città. È passato un anno da quel 29 aprile e se, in questo anno, abbiamo aiutato a prendere coscienza e a salvare anche una sola donna, questo è stato fatto in nome di Alice – e, di tutte le altre donne – che rimarrà sempre nei nostri cuori e nella nostra memoria.