Norme anticovid al tribunale di Ragusa, le richieste dei sindacati

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Polsi serrati dalle fascette
Immagine di repertorio

Le organizzazioni sindacali di categoria FP Cgil, Cisl FP ed Uil PA del comparto funzioni centrali eccepiscono l’ordine di servizio del presidente del Tribunale di Ragusa, Biagio Insacco, riguardante l’estensione dell’orario di apertura al pubblico dell’ufficio notifiche e protesti per l’accettazione ed il deposito degli atti per la cui notifica occorre certificare – dal capo dell’ufficio o da un magistrato delegato – “la dichiarazione d’urgenza”. A tale scopo i rappresentanti sindacati, rammaricandosi, innanzitutto, per la mancata informazione della disposizione di servizio – come prevista dal combinato disposto degli artt. 4, 5 e 7 del CCNL vigente – posta a fondamento di corrette relazioni sindacali, hanno inviato una circostanziata nota allo stesso Presidente, al Prefetto di Ragusa, Filippina Cocuzza, al Direttore dell’Ispettorato per la Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio, Michele Palma, al Presidente della Corte d’Appello di Catania, Giuseppe Meladiò, nonché alle Segreterie Confederali Territoriali, Regionali, Nazionali FPCGIL – CISL FP – UILPA. Le sigle sindacali, in particolare, chiedono che venga applicato, pedissequamente, quanto previsto del 3° comma dell’art.87 del c.d. decreto “Cura Italia”, che regolamenta – nel contesto in essere – le modalità ed i flussi di ricezione ed esecuzione degli atti giudiziari. Nel dettaglio – escludendo ogni possibilità di delega a soggetti diversi dal giudice – per i casi in cui la ritardata trattazione potrebbe prefigurare un grave pregiudizio alle parti, a cura del capo dell’ufficio o da un magistrato delegato, apponendo (con decreto non impugnabile), la certificazione di urgenza in calce alla citazione o al ricorso proposto, ovvero per le cause già iniziate, dal giudice istruttore o dal presidente del collegio. Con il documento inviato – con cui si chiede la immediata revoca delle disposizioni di servizio emanate, si sottolinea altresì: – la preoccupazione – assai fondata in questo momento di emergenza epidemiologica – della ricaduta in termini di sicurezza, prevenzione e protezione per l’incolumità dei lavoratori e dell’utenza interessata, derivante dalla implementazione degli orari ordinari; – l’opportunità di avvalersi di ogni strumento contrattuale al fine di mitigare l’affollamento degli uffici giudiziari e limitare ogni possibile occasione di contiguità personale; – di dotare i dipendenti, specialmente coloro che operano a stretto contatto con l’utenza (in primo luogo il personale degli uffici notifiche e protesti) di adeguati dispositivi di protezione individuale (DPI); – di compulsare la direzione ASP territoriale per la sottoposizione di screening epidemiologici e dei test sierologici qualitativi sul personale in servizio. Infine in considerazione dell’imminente avvio della c.d. ‘Fase 2’ considerate le perentorie previsione di cautela da adottare in termini di salvaguardia sanitaria, avuto riguardo alle limitazioni strutturali di parecchi uffici – sia della sede centrale, quanto di quelli del Palazzo INA ed ex Sip – di avvalersi del modello organizzativo del ‘co-working’ che permetterebbe la delocalizzazione dell’attività presso le strutture delle sedi giudiziarie soppresse del circondario, permettendo in tal modo ai lavoratori residenti in prossimità di esse strutture lo svolgimento dell’attività lavorativa, anche in alternativa e/o in affiancamento del lavoro agile, che resta – in ogni caso – la modalità di esplicazione del lavoro ordinario presso gli uffici della pubblica amministrazione. A conclusione della missiva i delegati territoriali di FP Cgil, Cisl FP ed Uil PA chiedono, altresì l’attivazione di un confronto, anche nelle forme della videoconferenza, al fine di condividere informazioni ed azioni utili a contemperare l’esigenza di tutela del personale e dell’utenza, con quella di assicurare l’erogazione dei servizi legati all’espletamento dell’attività giudiziaria.