Federico, liceale di 16 anni

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È una riflessione, pubblicata sulla propria pagina facebook da Carlo Blangiforti, il papà di Federico, che ci sentiamo di riportare per favorire una riflessione.

“Il 29 novembre mio figlio Federico ha deciso di andare via.
Da quel giorno abbiamo sentito vicina quasi tutta la città. Il calore della nostra comunità ci ha reso (se possibile) un po’ meno difficile l’accettazione della perdita. Si sono organizzate conferenze, nelle scuole genitori e insegnanti ne hanno parlato, molta gente si è sentita intimamente coinvolta da questa tragedia.
Ringraziamo tutti coloro che ci sono stati vicini: gli amici, le istituzioni, gli insegnanti, i dirigenti e gli allievi delle scuole frequentate da nostro figlio e tutti i cittadini di Ragusa che si sono stretti a noi.

Ma è necessario e doveroso dare verità ad un discorso che forse rischia di perdersi in una vuota passerella di parole, è necessario che il discorso si cali nella realtà dei fatti. Il rischio che si corre, quando accadono simili eventi, è che lo si faccia scivolare da un piano specifico ad uno generale “annacquando” il senso della questione. Ora spostare la riflessione sul mero piano generale, dimenticando che, ad esempio, le parole prendono senso solo nell’atto della comunicazione, a me coinvolto personalmente nella vicenda dà l’impressione di un grottesco teatrino dell’assurdo.

Riguardo alla vicenda di Federico, il tema (dal mio punto di vista) non può non essere una seria riflessione sulle responsabilità delle singole agenzie formative e sul loro ruolo nella vicenda? Hanno lavorato insieme? Aldilà delle dichiarazioni d’intenti c’è stata un’effettiva collaborazione? Purtroppo credo che questo non sia accaduto.
La famiglia e gli amici si stanno sforzando di comprendere, di riflettere sugli errori commessi, si aiutano nel processo di elaborazione. La scuola, il Liceo Scientifico “Fermi” di Ragusa, quel liceo che si mostra orgoglioso di essere un’eccellenza siciliana, mi pare non lo abbia fatto né prima dell’accaduto né dopo. Questo glorioso vanto della cultura ragusana (scusate il sarcasmo) non ha fatto onore al patto di corresponsabilità, un patto che ogni famiglia firma credendo di avere dall’altra parte un’agenzia attenta alle esigenze dei propri figli, figli alcuni dei quali, come Federico, frequentavano la scuola dell’obbligo. Questo istituto non lo ha fatto nemmeno dopo l’accaduto, visto l’assordante silenzio dello stesso, l’assordante assenza in quei contesti che hanno reso un fatto privato uno di comunità: alle esequie (della sua classe del Liceo Fermi) c’erano solo i compagni e un insegnante, nessun rappresentante del Liceo, non un mazzo di fiori, non un telegramma… Talvolta la forma ci dice molto del contenuto. La scuola d’eccellenza (e per scuola intendo l’istituzione e i singoli insegnanti di Federico) si è defilata da ogni responsabilità morale, si è nascosta dietro ridicole scuse, ha attribuito la tragedia al carattere del ragazzo, ha deciso (e una conferenza a scuola lo ha dimostrato) che il problema fosse generale, cioè della società, e dunque di nessuno”.