La scienza, finora, non ha offerto prove certe, ma nel giudicare la causa di un dipendente Telecom Italia colpito da neurinoma del nervo acustico, la Corte d’Appello di Torino non ha avuto dubbi. Per i giudici di secondo grado, che hanno confermato la sentenza pronunciata nel 2017 dal tribunale di Ivrea, c’è un nesso di causa-effetto tra quel tumore al cervello – benigno ma invalidante – e l’abuso del cellulare.
“Basta usare il cellulare trenta minuti al giorno per otto anni per essere a rischio”, sostengono gli avvocati torinesi Stefano Bertone e Renato Ambrosio, dello studio Ambrosio&Commodo, legali di Roberto Romeo, l’uomo colpito dal tumore a cui i giudici hanno riconosciuto il risarcimento.
“L’ipotesi che l’uso prolungato del cellulare possa causare tumori alla testa”, alla base della sentenza della Corte d’Appello di Torino, “non è fondata su una base scientifica. Finora, nessuna correlazione è stata provata tra i campi elettromagnetici dei cellulari e l’insorgenza di tumori. Ci sono solo dei sospetti di cancerogenicità ma non confermati”.
Così, all’ANSA, Alessandro Vittorio Polichetti, primo ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). Già nel caso della sentenza di primo grado del 2017, confermata in appello, ricorda l’esperto di radiazioni elettromagnetiche dell’Iss, “ci esprimemmo sottolineando che la decisione non era fondata su una base scientifica. E, da allora, anche le successive evidenze non hanno fatto altro che confermare questa impostazione, comprese quelle esaminate nel Rapporto Istisan, realizzato dall’Iss in collaborazione con Enea, Cnr e Arpa Piemonte nel 2019, che raccoglie i risultati di tutti gli studi in materia”.