“Che cos’è un diritto?”. Con questa immediata, ma al tempo stesso complessa domanda, Francesco Rendo, referente del Presidio di Libera Modica, ha introdotto l’incontro su “Ricostruire Umanità. Oltre i confini. Diritti umani e migranti”, che si è tenuto lunedì al cantiere educativo Crisci ranni di Modica. L’incontro è stato promosso da Libera in collaborazione con la Caritas diocesana di Noto, la cooperativa l’Arca, la Fondazione Val di Noto, l’associazione Pulito è più bello, il Movimento difesa del cittadino e l’associazione Amici del Campailla. Presenti tanti studenti della città. Rendo ha spiegato il senso di questo incontro che s’inserisce nel percorso di legalità voluto da Libera in vista del 21 marzo, Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. “È un treno, quello di Libera, condito di memoria, d’impegno, che apre una serie di percorsi e iniziative”. I giovani hanno poi risposto all’iniziale interrogativo di Francesco. “Secondo me il diritto è una possibilità riconosciuta a tutti di autodeterminarsi, di godere della dignità che è riconosciuta a tutti gli uomini”, ha detto uno studente. Francesco Rendo ha puntato la sua attenzione sulla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, spiegando che occorre “costruire umanità, partendo dai diritti. Perché i diritti gridano umanità”. E ha aggiunto, ripercorrendo l’excursus storico che ha portato alla Dichiarazione, che un diritto è “storia e sangue”. Diritti umani che sempre spesso non vengono rispettati, a 71 anni da quella Dichiarazione. E la questione dei migranti, spesso respinti o lasciati in campi di prigionia illegali e disumani come quelli libici, è oggi più che mai attuale. Don Paolo Catinello, direttore di Migrantes, ha parlato di esperienze di umanità e di accoglienza: “Quando parliamo di migranti – ha detto – parliamo innanzitutto di persone che hanno un nome, una storia, una sofferenza”. Due storie. La prima quando era vice parroco a Pozzallo: “Un giorno il comandante dei carabinieri venne in canonica, per segnalarmi il caso di un giovane che da cinque giorni viveva fuori, nelle campagne, stava male, aveva un continuo mal di testa. Veniva dal Mali. Non avevo altra struttura, lo accolsi in canonica da me. Grazie a Padre Vittorio, un missionario che vive a Modica e che ha lavorato tanti anni in Mali, siamo riusciti a sapere di più della storia di questo giovane di 32 anni. Dopo la morte del papà ha visto la sua famiglia cadere nella miseria assoluta. Ha un bambino di nove anni, la moglie e per cercare di aiutare la famiglia ha intrapreso il viaggio della speranza. Capimmo il perché di quei mal di testa: aveva visto annegare nel Mediterraneo suo fratello di 19 anni, non si dava pace perché era lui che lo aveva convinto a partire”. Don Paolo ha aggiunto: “Ho condiviso il pane quotidiano con lui per alcuni mesi… Mi sono sentito più prete in quei quattro mesi che in tutti gli altri anni in cui ho celebrato messa. La vera messa che celebri in chiesa poi la vivi veramente fuori, attraverso il prenderti cura degli altri”. E l’altra storia, quella di un ragazzo del Bangladesh con una vicenda personale e familiare travagliata. Don Paolo lo ha accolto, poi gli ha trovato casa presso la famiglia di Paola e Francesco: ora è come un figlio per loro. “La cosa che più mi ha colpito – ha detto il sacerdote – è che lui, musulmano, ma mi ha regalato un rosario di San Francesco. Mi aiuta spontaneamente alla bottega solidale della Caritas, mi ha aiutato a pulire la chiesa. E non è cambiata solo la sua vita, ma anche quella di Paola e Francesco, ora leggono tutti i giorni il vangelo, sono felici”. E ha concluso: “Se vogliamo vincere la sfida dell’accoglienza, lo faremo non con le chiacchiere, ma sporcandoci le mani. Il risultato? Noi pensiamo di fare del bene agli altri, ma ci accorgiamo che questi altri avviano processi vitali anche per noi e per la nostra fede”. Il professore Maurilio Assenza ha parlato dell’esperienza di Crisci ranni che celebrerà quest’anno “dieci anni di affetto”, dieci anni di presenza, di “pratica del diritto della parola, che diventa man mano consapevolezza della giustizia”. Ha parlato di diritto alla cultura, “diventando consapevolezza che ogni esperienza ha una sua ricchezza, e nessuno è superiore agli altri. Chi viene dall’Africa, dal Venezuela o da altri Paesi: sono tutte ricchezze che ci vengono donate… c’è uno ius culturae che il Parlamento deve approvare, la cultura crea reciprocità: è una ricchezza che permette di non essere brutali, cinici”. Una cultura che “si arricchisce delle differenze dei migranti, che sono una ricchezza per noi. I migranti ci diranno qualcosa di Dio”. E infine: “Partendo dal migrante che ci riporta all’essenziale, Crisci ranni diventa stimolo per una città che cresce solo se vive il diritto a sognare di diventare una città, libera, bella, una città pasquale”. A tirare le conclusioni è stato Francesco Rendo: “Libera, con le associazione con cui collabora, si sta schierando e chiede di schierarsi, chiede di essere di parte. Si è schierata contro leggi come il Decreto sicurezza: non come questione partitica, ma politica con la P maiuscola intesa come bene comune. Se lediamo il principio di uguaglianza, stiamo incentivando quell’irregolarità che crea danno, che ci si ritorce contro. Libera ci chiede di schierarci, don Ciotti lo grida ad alta voce: la parte giusta non è un luogo dove stare, ma è un orizzonte da raggiunge insieme”. In conclusione un momento proposto dall’associazione Pulito è più bello, le cui finalità sono state presentate da Salvo Avola: “Siamo un gruppo di ragazzi che cerca di migliorare noi stessi per migliorare il mondo. Abbiamo iniziato dalla pulizia della spiaggia, poi abbiamo realizzato altre azioni, anche con le scuole e i commercianti”. All’esterno del cantiere educativo della Vignazza è stato realizzato, dall’associazione, un albero di Natale interamente riciclato, con scarti di pino, a testimonianza di come gli scarti possano essere trasformati in risorsa. Sull’albero anche alcune scatoline con frasi della Dichiarazione dei diritti dell’Uomo, lette dagli studenti. Dentro la scatola una “palla di semi”, che è stata lanciata dagli studenti nella grande aiuola del cantiere educativo, perché lì “crescano i diritti”. A illuminare il buio una candela, quella candela che è il simbolo di Amnesty International, un faro acceso sui contesti in cui i diritti umani non vengono rispettati.