Centosessanta partecipanti, in rappresentanza delle principali aziende del settore, hanno approfondito ieri i temi della ricerca scientifica e le prospettive commerciali del comparto del pomodoro: a Comiso, si è svolto il 3°”International Symposium on Tomato Genetics for Mediterranean Region”. L’evento, organizzato dal mensile “Agrisicilia”, ha trattato i temi della trasformazione industriale del pomodoro, ma ha anche conosciuto la realtà delle colture orticole in Turchia. I relatori sono stati Bonaventura Giuliano, di Anicav, Francesco De Sio, del Centro Colture sperimentali di Angri e l’imprenditore ennese Francesco Pecorino. La delegazione turca era composta da Aydin Atasayar, direttore del “Reasearch and Development Department” e Kamil Yelboğa, segretario generale del Fide Üreticileri Alt Birliği. Nel pomeriggio, gli approfondimenti sulle colture fuori suolo – con particolare riferimento all’aeroponica e ad un progetto sperimentale portato avanti da Crea e Svimed Ragusa – è stato presentato da Antonio Giovino e Giovanni Gugliuzza, mentre Gianluca Caruso ha presentato lo studio sull’applicazione di microrganismi alla colture di pomodoro plum.
«Il terzo Symposium ha visto come paese ospite la Turchia – ha detto il direttore di Agrisicilia, Massimo Mirabella – nelle precedenti edizioni erano stati Israele e Spagna. La Turchia né una realtà produttiva ed imprenditoriale importante. Negli ultimi anni ha fatto passi da gigante spingendo sulla crescita vivaistica di qualità. Ma abbiamo voluto approfondire anche gli aspetti scientifici dell’aeroponica, dei microrganismi utili alle piante, ma anche i metodi di trasformazione del pomodoro che possono dare una “seconda vita” al pomodorino siciliano che, libero dalle fluttuazioni del mercato, potrebbe trovare, per una parte della produzione, uno sbocco industriale. La realizzazione di sughi pronti siciliani può trovare un mercato stabile di vendita nei paesi europei».
I DATI DEL CONVEGNO
La trasformazione industriale del pomodoro
Bonaventura Giuliano, di Anicav, la sigla che accomuna la maggior parte delle grosse industrie del settore, ha presentato il comparto della trasformazione del pomodoro, un’industria di eccellenza in Italia: 4,8 milioni di tonnellate di pomodoro trasformato, su 64.500 ettari messi a coltura. La produzione è ben distribuita nel paese, con 28.000 ettari al centro sud e 36.000 nel Nord. Vi operano circa 115 aziende industriali, che impiegano 10.000 lavoratori e circa 25.000 stagionali. Il fatturato complessivo è di 3,3 miliardi di euro, di cui 1,7 miliardi derivanti dall’export. I numeri fotografano la realtà di un settore di punta dell’economia italiana: il nostro paese oggi rappresenta il 13 per cento della produzione mondiale e il 50 per cento della produzione europea. L’export è diretto per il 68 per cento in Europa, il 10 per cento è destinato all’Asia, il 9 per cento va in America, il 9 per cento in Africa ed il 4 per cento in Oceania.
Non solo trasformazione, però: al Symposium stati diffusi dati importanti sulla produzione di pomodoro cherry e sulle sue caratteristiche, che lo rendono idoneo alla realizzazione di sughi e conserve. A parlarne è stato Francesco De Sio, della Stazione sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari di parma (sezione di Angri). De Sio ha fornito importanti suggerimenti scientifici: il settore può avvantaggiarsi se si utilizza il pomodoro cherry. «Il pomodorino – ha detto De Sio – ha un gusto caratteristico, gradevole al palato, ma ha anche un più basso costo di produzione rispetto al pomodoro tondo. Il pomodorino fresco ha valori solidi solubili del 7 per cento circa, ben al di sopra del 4,5 del pomodoro tondo. Per la produzione della passata e della salsa, si raggiunge almeno la soglia di 8. Questo significa che, se si utilizza il pomodorino, il quantitativo di acqua da eliminare è inferiore per raggiungere la giusta concentrazione del pomodoro, con evidenti risparmi di costi». Al convegno ha portato la sua esperienza l’imprenditore ennese Francesco Pecorino, di “Gustibus”. Pecorino ha confermato che il settore è in forte crescita, soprattutto per le richieste dall’estero ed ha auspicato che anche in Sicilia si determini un cambiamento culturale che possa orientare verso la trasformazione industriale del prodotto.
Il settore orticolo in Turchia
Momento clou della giornata l’incontro con la delegazione turca, con Aydin Atasayar, direttore del “Reasearch and Development Department”, Ad-Rossen Tarim AS e Kamil Yelboğa, Secretary General Fide Üreticileri Alt Birliği. Ad accompagnare la delegazione asiatica c’era il Console onorario della Turchia in Sicilia, Domenico Romeo.
Atasayar ha presentato la situazione generale del comparto agricolo in Turchia: 300 milioni di ettari per l’agricoltura, con una distribuzione geografica in tutto il territorio. Si coltivano ortaggi a sud e nell’ovest della Turchia, patate in Cappadocia e cereali a est. La facoltà di Agraria è presente in varie città: si esporta in prevalenza in direzione di Russia, Ucraina e Iraq. L’export interessa anche le sementi e raggiunge anche l’Italia, da dove però proviene anche un certo quantitativo delle sementi utilizzate in Turchia.
Yelboga ha puntato l’attenzione sull’industria dei vivai, che in Turchia è molto cresciuta. Oggi si produce per il 20 per cento in serre in vetro, per il 47 per cento in serre in plastica. Sono impiegati 1000 agronomi e 10.000 lavoratori. Per ciò che riguarda la produzione, il 46 per cento è rappresentato dal pomodoro fresco, il 54 per cento è destinato alla trasformazione industriale, un settore che impiega, per il 90 per cento, manodopera femminile. Ci sono dei prestiti per investimenti a tasso agevolato che sostengono il settore e questo ha permesso la crescita di questi anni. La crescita è stata dovuta anche alle favorevoli condizioni climatiche. Inoltre, molte aziende sono a conduzione familiare e questo permette di prendere delle decisioni immediate. Un forte handicap è stato invece rappresentato dalla crisi economica e politica che ha rallentato il settore. Altro elemento di debolezza sono i laboratori diagnostici accreditati che spesso non forniscono i risultati in tempi brevi.
Un ulteriore approfondimento è stato dedicato al “Tomato brown rugose fruit virus” (ToBRFV), un virus identificato per la prima volta in Giordania nel 2015, che si sta diffondendo celermente nel mondo. Di recente, è stato trovato anche in Sicilia ed in provincia di Ragusa. Le piante hanno una crescita molto rallentata, la produzione si abbassa, il prodotto non raggiunge la piena maturazione e colorazione ed è quindi impossibile destinarlo alla vendita.
L’aeroponica e l’utilizzo dei microrganismi in agricoltura
La sessione pomeridiana dei lavori, moderata da Biagio Di Mauro, responsabile dell’Ispettorato per l’Agricoltura di Caltanissetta, ha trattato i temi delle colture in aeroponica, con la presentazione di Antonio Giovino e Giovanni Gugliuzza, del Crea di Bagheria. È stato presentato il progetto INTESA, avviato in via sperimentale in provincia di Ragusa, con la collaborazione di Svimed: un dibattito si è sviluppato tra i fautori di questo innovativo metodo colturale e chi lo considera ancora poco vantaggioso. Da più parti, si è auspicato l’avvio di una fase scientifica sperimentale che consenta di studiare a fondo le tecniche colturali e di valutarne adeguatamente gli effetti. Infine, Gianluca Caruso, docente del Dipartimento di Agraria Federico II di Napoli, ha presentato gli studi sull’applicazione di microrganismi utili su pomodoro plum: in particolare sono state analizzate le “micorrize”, un tipo di associazione simbiotica tra fungo e pianta superiore, capace di favorire il ciclo vitale della pianta apportando benefici sia nutrizionali che di difesa.
Al convegno hanno partecipato anche un gruppo di studenti dell’Istituto professionale Agrario Grimaldi di Modica, che hanno interagito e dialogato proficuamente con i relatori. Un’altra scuola di Comiso, l’Istituto paritario Bufalino (CERM), ha organizzato un coking show e curato il welcome coffee del mattino.