Una città da riscoprire e da consegnare ai giovani. Perché le città non sono cumuli di pietre, ma hanno un’anima. È questo il tema che ha accompagnato la riflessione nel secondo incontro del corso di formazione per cinquanta tra docenti, educatori, operatori sociali e responsabili di economia civile dal titolo: ‘Riscoprire l’anima delle città. Educare alla luce della Costituzione repubblicana e dei suoi valori fondamentali‘. Il corso è promosso da: Caritas diocesana di Noto, Fondazione di Comunità Val di Noto, Istituto superiore ‘Galilei-Campailla’ di Modica, Crisci ranni, cooperativa L’Arca, Progetto Policoro, Casa don Puglisi. Anche il secondo appuntamento si è tenuto a Villa Polara (Modica). La relazione di don Christian Barone, docente alla Pontificia Università Gregoriana e assistente della Caritas diocesana di Noto, ha preso le mosse da un testo di Italo Calvino per indicare alcuni snodi del mutamento di scenario occorso nella società occidentale con l’ingresso nella modernità.
“Alcuni snodi attraverso cui la cultura moderna è passata ci possono permettere di leggere in filigrana quella che è la città per noi oggi”, ha detto don Christian, che ha indicato come primo snodo la questione della “crisi degli orizzonti metafisici che ha caratterizzato il passaggio alla modernità. Una propensione verso una completa naturalizzazione dell’uomo”. Con la teoria darwiniana “si dà luogo a una genesi senza creazione, senza paradiso terrestre”. Il passaggio dall’idea di eternità a quella di finitudine, punto su cui convergono marxismo e capitalismo. E l’affermarsi della tecnica come fine autoprodotto, una tecnica – come rilevava il filosofo Günther Anders – non più volta alla soddisfazione dei bisogni del soggetto umano, come l’esperienza del Terzo Reich ha mostrato. La riflessione è proseguita sul tema del sacro in occidente e sulla più volte annunciata morte di Dio; a proposito il docente universitario ha ammonito: “La profezia di Sabino Acquaviva sull’eclissi totale del sacro nel mondo a venire è stata smentita. Nelle città esiste un residuo, un lessico religioso che forse non è più cristiano, ma che si riferisce all’orizzonte culturale cristiano. La domanda deve porsi in modo diverso: di quale tipo di religione si tratta?”. Nella seconda parte dell’intervento, don Christian ha parlato dei giovani di oggi, che vivono un paradosso proprio delle scelte degli adulti: “I politici di ogni schieramento reclamano a gran voce ruoli importanti per i giovani. La presenza giovanile, a detta di tutti, dovrebbe essere lievito. Diventa, invece, una pietra d’inciampo, uno scandalo: la nostra società che appare concentrata sullo sforzo di bloccare la vecchiaia e prolungare il tempo della giovinezza precipita in un paradosso centrifugo. Così affascinata dalla giovinezza finisce per mettere da parte i giovani, ponendoli in condizione di incessante inferiorità, perché si sentono così fuori contesto in un mondo divenuto improvvisamente avido di gioventù. Il motto forever young detta le regole dello stile di vita, delle abitudini sessuali: la nostra società, a discapito di un giovanilismo esagerato, è invece un luogo ostile per la maggior parte dei giovani che non possono scegliere il lavoro che vogliono. E l’impiego è quindi solo un ripiego. Il destino dei giovani appare già segnato per molti di loro; guardare al futuro è solo motivo di frustrazione e ansie. È l’occlusione del futuro: la sua trasformazione in minaccia significa affidare i giovani a quell’ospite inquietante, come lo definisce Galimberti, che è il nichilismo”.