“Mangiavamo rifiuti”. La storia di due ragazzi in fuga dalle violenze del Sudan

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Cicatrici in viso e sulle braccia. I segni della violenza, anche psichica, che li spinge a «tenersi per mano durante tutta la traversata». Sono due amici che si conoscono da quando sono nati in un piccolo paesino del Sudan tra i 30 minorenni non accompagnatati arrivati a bordo della nave Eleonore della Ong tedesca Lifeline, che ne ha soccorsi complessivamente 104, sbarcati ieri a Pozzallo. Hanno 13 e 15 anni, sono due dei tanti ‘senza nome’ che fuggono per paura dall’Africa. La loro storia è stata raccolta dai volontari che erano a bordo della Eleonore e raccontata dal giornalista dell’Ansa, Mimmo Trovato.

I due ragazzi sono fuggiti dal Sudan perché assieme ai loro familiari erano vittime di violenze. Sei mesi di «strada fatta insieme, con poco cibo e senza acqua». Poi l’arrivo in Libia dove vengono rinchiusi in un centro gestito dai trafficanti. «Un anno d’inferno in un carcere dove – hanno ricostruito – si mangiava spazzatura e si beveva acqua salata, e chi non finiva in fretta veniva picchiato e privato anche di quel mangiare». È in quel campo che vengono feriti al viso e alle braccia. Come e perché hanno preferito non dirlo, «il ricordo è troppo fresco, così come il dolore». Stesso silenzio su come si sono procurati i soldi per il viaggio.

Poi il viaggio in mare, il rischio di affondare, il salvataggio da parte della nave ‘Eleonore’. Due notti fa, per il mare grosso, hanno rischiato di finire in mare. Alcuni migranti si sono legati all’imbarcazione per non affogare. Fino alla decisione del capitano della nave di forzare il blocco e di entrare in porto. C’è un sequestro amministrativo, mentre la Procura lo ha iscritto nel registro degli indagati.