Tracce di idrocarburi nel torrente Moncillè, affluente dell’Irminio. La notizia diffusa ieri da Legambiente trova conferma in una nota inviata dall’Eni al Comune a fine aprile. L’ente nazionale idrocarburi segnalava a Palazzo dell’Aquila la presenza di piccole tracce di olio nel torrente, nei pressi di un pozzo che è dismesso da diversi anni. Per questo, secondo quanto assicurato al Comune, sono state avviate sia le ricerche per capire da dove provenga sia le azioni di messa in sicurezza dell’area. «Da diverse settimane un’area soggetta ad estrazioni di petrolio di proprietà dell’Eni vicino a cava Moncillè, e quindi nel bacino del fiume Irminio risulta stranamente presidiata giorno e notte. Voci che si rincorrono parlano di perdite di petrolio, non si sa quanto ampie». Così scrive Legambiente in una nota. «Chiediamo che si faccia immediata chiarezza su un fatto che non può non essere allarmante per l’intera comunità iblea – afferma Nadia Tumino vicepresidente del circolo Il Carrubo di Legambiente Ragusa – . Istituzioni, Eni e organismi di controllo devono subito dire cosa è successo, quali sono state le conseguenze sull’ambiente e cosa si sta facendo per risolvere il problema». Per Legambiente occorrerebbe fermare la procedura di richiesta di permesso di ricerca del pozzo Arancio di Eni, che dista da cava Moncillè soltanto tre chilometri in linea d’aria contro, la quale l’associazione ambientalista ha presentato opposizione al Ministero dell’Ambiente. La segnalazione, come detto, era stata regolarmente «girata» da Eni al Comune. Sarà adesso importante cercare di comprendere cosa sia realmente accaduto in modo da potere escludere nuovi fenomeni di questo tipo. Alcuni anni fa, in sede di ricerche petrolifere, si era verificato un presunto caso di inquinamento nella sorgente Paradiso. Nessuna notizia trapelò sull’inchiesta.
[Fonte Giornale di Sicilia]