Nel numero del mensile diocesano Insieme, in distribuzione a febbraio, un approfondimento è dedicato al fenomeno del gioco d’azzardo nel Ragusano. Emerge come Ragusa bruci ogni anno circa venti milioni di euro, facendo sprofondare nei vortici della dipendenza patologica e della ludopatia centinaia di persone.
Ecco l’articolo integrale firmato da Gian Piero Saladino e pubblicato su Insieme, anche nella versione on line.
Millecinquecentocinquantuno: 1.551 sono gli euro che ogni ragusano ha speso l’anno scorso nel gioco d’azzardo, quasi il doppio della media nazionale pari a 815 euro: una città di 73.638 abitanti, con un reddito pro-capite pari a 16.368 euro, paga così, nel silenzio dei più, la sua tragica decima alla dea bendata o all’idolo del “Dio Caso”.
La città si impoverisce di oltre 20 milioni ogni anno, mentre individui di ogni età e si perdono nella dipendenza patologica (ludopatia compulsiva), nella perdita di cifre ingenti e nei drammi esistenziali e familiari che ne conseguono.
All’inizio del circolo vizioso c’è sempre la vincita, spesso anche piccola. La sensazione che genera la vincita è sempre il punto di innesco per una patologia da gioco d’azzardo che – come nel caso del “10 e lotto” – tiene agganciato il giocatore tramite il condizionamento costante e la ripetizione dello stimolo.
Il dato più interessante, però, emerge dal confronto fra i 12 comuni della provincia. Nell’ordine, dopo Ragusa col suo record di 1.551 euro pro-capite, seguono Santa Croce Camerina (1.352), Pozzallo (1.189), Giarratana (1.099), Monterosso Almo (968), Modica (890), Ispica (831), Vittoria (794), Scicli (710), Comiso (688), Acate (664), Chiaramonte Gulfi (617).
Al di là delle considerazioni sulle ragioni di questa differenza fra i comuni della provincia (oltre Ragusa, si mediti sul triste dato di Santa Croce Camerina), è evidente la distanza siderale fra Ragusa e Chiaramonte Gulfi, che gioca un euro ogni 2,5 giocati a Ragusa.
In mancanza di una normativa nazionale chiara, la differenza la fa l’azione dei comuni. In verità, i comuni che si sono ben organizzati, sperimentando regole e misure di prevenzione, hanno avuto risultati incoraggianti.
Da qui, nasce in umiltà la mia proposta che, su iniziativa della Chiesa ragusana – tramite, ad esempio, l’Ufficio per la Pastorale Sociale, la Caritas diocesana e le parrocchie-pilota maggiormente colpite o sensibili al problema – i comuni si incontrino per lavorare insieme sul problema, individuino i casi di eccellenza dei comuni “virtuosi” a livello nazionale, selezionino quelli emulabili per invitarli a un convegno di approfondimento del problema, affidino a un ente di ricerca qualificato lo studio del fenomeno, definiscano un programma di interventi condivisi e poi agiscano di conseguenza.
Nel frattempo, la coscienza dei cristiani non dimentichi che l’idea stessa di azzardo contiene il virus dell’ateismo, poiché affida il destino umano al caso, anziché alla libertà dell’uomo, dono di Dio. E, in questa lotta all’idolatria del comportamento e di sostegno alla sofferenza delle vittime, essa dia anima a tutti i “liberi e forti” di buona volontà perché sperimentino insieme la solidarietà e la buona politica, che anche in questo campo è solo quella capace di edificare concretamente il bene comune”.
Gian Piero Saladino