Se c’è una cosa che ha davvero colpito Nanni Moretti, al suo arrivo a Modica per il triplo appuntamento dello scorso fine settimana, è stata la natura del pubblico che lo ha accolto. Un pubblico che non solo ha riempito il Nuovo Cineteatro Aurora per una vera e propria no stop tra cinema e racconto, ma che lo ha visto denso soprattutto di giovani e di un pezzo vivo di società civile assetato di un confronto colto, denso di riferimenti chiari in termini di valori, che inevitabilmente – come sempre accade con il cinema di Moretti – ha avuto il senso di una lettura sul tempo presente.
“Io non sono imparziale”, dice lo stesso Nanni Moretti in un frammento del documentario che sta portando in giro per le sale italiane, intervistando uno degli aguzzini del regime di Pinochet, alla ricerca di una ricostruzione esaustiva – ma, per l’appunto, volutamente non neutra – delle vicende che nel 1973 crearono un ponte tra il Cile e l’Italia.
“Santiago, Italia” indaga infatti i fatti del golpe dell’11 settembre 1973 in Cile, la fine del sogno democratico e socialista di Salvador Allende, e gli anni della dittatura militare. Con una lente di ingrandimento sul ruolo dell’Italia, che manifestò una grande solidarietà (anche concreta) nei confronti delle vittime del golpe militare.
Oltre a rappresentare un prezioso documento storico, commovente sebbene mai retorico, il film ha un merito ancora più grande: porci di fronte a quella che è la nostra sconfitta e al cambiamento (anti)culturale e (in)civile che ha investito il nostro Paese.
Anche se sul palco dell’Aurora lo stesso Moretti è costretto – col suo consueto, crudo realismo – quasi a scusarsene: “Quando ho girato il documentario non avrei mai potuto immaginare in quale momento sarebbe uscito. Un momento in cui persino raccontare il più semplice gesto di umanità e solidarietà suona talmente inconsueto da trasformarsi, pur involontariamente, in un atto politico”.