La Caritas diocesana di Noto organizza la messa della città, scegliendo questa volta la periferia. A spiegare il senso di questa decisione è il direttore, Maurilio Assenza:
In tempi di elezioni si risveglia l’attenzione alla città: speriamo sempre che diventi occasione di confronto costruttivo tra programmi attenti ai problemi e alle prospettive, con donne e uomini che si impegnino per il bene comune. Sempre ricordando che i politici siamo noi: per i greci politico è chi pensa al bene comune, mentre chi pensa ai fatti propri è un idiotes, un idiota. E chi eleggiamo è chiamato a governare nell’ascolto di tutti, ricordando con Santa Caterina da Siena che «la città è data come in prestito, restando sempre anzitutto responsabilità di tutti». E per i cristiani? Come è stato detto nel Sinodo diocesano, non abbiamo nostri progetti ma cerchiamo con tutti la giustizia e la pace avendo come misura il Crocifisso: amare pagando di persona e con predilezione per i più deboli, con l’esigenza di gratuità e dono pieni. Come cristiani – soprattutto nei servizi ecclesiali che vincolano ancor più a distinguere i piani di azione – abbiamo come nostra “parte politica” i poveri. Da quest’ottica facciamo i cittadini ponendo segni e istanze e dialogando con la città e le sue istituzioni perché prevalga quel bene comune che – come hanno detto i vescovi italiani – si misura sempre a partire dagli ultimi. In questi anni come Caritas abbiamo aiutato segni (dalla Casa don Puglisi ai vari cantieri educativi), sostenuto processi educativi e civici (come il presepe della città e la festa Crisci ranni), offerto riflessioni (sul welfare, sulle povertà educative, su lavoro buono). E però ci siamo sempre preoccupati anzitutto di ricordare le radici che permettono a tutti di assumere lo sguardo di Dio sulla città, lo sguardo di Gesù che vuole radunare Gerusalemme nella pace come fa la chioccia con i pulcini: sguardo affettuoso che cerca chi resta ai margini, pianto di fronte al rifiuto delle strade della solidarietà e della giustizia, correzione e apertura degli occhi che permette al cuore – se si scalda allo “spezzare del pane” – di portare nella città un lievito di fraternità. Questo spezzare il pane, che nelle domeniche e nei giorni si vive in tutte le chiese, in alcuni momenti dell’anno a Modica diventa la “messa e adorazione eucaristica per la città”: messa che unisce cielo e terra, adorazione durante la quale si portano a Dio pezzi di vita e si intercede per molti. Dopo le messe nei mesi scorsi a Crisci ranni e all’Ospedale, alle ore 19 di venerdì 25 maggio la messa e l’adorazione per la città saranno celebrate tra i ‘palazzoni’ delle case popolari a Treppiedi Nord, nel piazzale antistante la sede dei Piccoli fratelli. Una preghiera che nasce dall’abitare i territori con i loro problemi e le loro speranze, con la cura educativa delle scuole, i segni dei cantieri educativi o delle associazioni (a Treppiedi i Piccoli fratelli, l’Anffas) o presenze ecclesiali come parrocchia e Salesiane. Segno povero ma convinto, perché «lo Spirito santo opera nel piccolo e nell’invisibile» e perché nell’eucaristia si raccoglie la storia vera, quella dei poveri e degli umili, e dall’eucaristia – come diceva don Giuseppe Dossetti – si genera «politicità tutta sui generis, che non governa e non ha potere, che non muove verso gli altri per quello che hanno di appetibile, ma unicamente per quello che sono in mysterio (anche se poveri, deformi, incoscienti, in tutto inappetibili): cioè non incontra l’uomo dall’esterno e in superficie, ma lo incontra nel suo “sé” più intimo, più invisibile, più pneumatico, creando e divulgando ovunque un’atmosfera di rispetto, di comprensione, di fiducia, di valorizzazione degli esclusi, di amore-oblativo indipendente da ogni condizione esterna mutevole che “non avrà mai fine” (1Cor 13,8)».