Riportiamo integralmente una nota a firma di Antonello Buscema, Antonio Sichera, Anna Maria Sammito, Giuseppe Sammito, Giovanni Spadaro, Nino Frasca Caccia, Elio Scifo.
“La grande assente di questo inizio di campagna elettorale a Modica sembra essere l’onestà intellettuale nelle dichiarazioni pubbliche, spesso rese nell’illusione che sia altrettanto assente nei cittadini un briciolo di memoria storica e di capacità di discernimento.
In questi cinque anni Ignazio Abbate ha dimostrato di ritenersi libero di affermare tutto e il contrario di tutto. E si tratta di una tendenza che raggiunge ora l’apice nelle farneticanti ricostruzioni con cui il sindaco tenta di riscrivere la storia (e chi dovrebbe fare lo storico di professione si presta a fargli da spalla, incurante di dover così svilire o ignorare il lavoro di chi in passato lo ha fortemente e convintamente voluto ed avuto come stimato e fidato collaboratore).
Abbate sa come nessuno di noi in questi anni lo abbia rincorso per smentire le sue innumerevoli manipolazioni della realtà nonché il suo ostinato tentativo di screditare il recente passato. Lo abbiamo fatto poche volte, solo quando i suoi proclami sono stati tanto spudorati che, non intervenendo, avremmo mancato di rispetto alla dignità nostra e di tutte le persone che con noi hanno messo testa e cuore nel risanamento della città e nella sua proiezione verso un certo tipo di sviluppo futuro.
Ebbene questo è uno di quei casi, a ben vedere il più grave perché configura la presunzione di poter davvero trattare la storia come una materia che chiunque, a distanza di meno di un lustro, può reinventare in base alla propria convenienza politico-elettorale e con la convinzione di restare impunito.
Abbate e i suoi uomini – consapevoli del fatto che per potersi vantare del “nulla” devono necessariamente premettere che prima di loro c’era “men che nulla”– vanno infatti sostenendo che la Modica del 2013, da loro ricevuta in eredità, era “una città distrutta”, “una città abbandonata”, “una città scippata”, “una città nella quale i servizi più essenziali erano fermi”: “un quadro desolante”, insomma, che all’eroico Abbate sarebbe toccato ricostruire e che solo lui (addirittura!) avrebbe avuto la capacità di riportare sulla giusta strada: “dalla crisi alla crescita”.
Ma non c’è necessità elettorale che possa permettere di accantonare il rigore delle ricostruzioni storiche. E come sono andate davvero le cose siamo certi che i cittadini – anche quelli che non hanno apprezzato il nostro lavoro, anche quelli che non ci hanno votati – lo ricordano bene quanto noi. Questo è quello che l’amministrazione Buscema ha davvero lasciato in eredità al sindaco Abbate:
- Un Piano di riequilibrio approvato e già in vigore, con il quale abbiamo fino alla fine scongiurato il dissesto dell’Ente, che avrebbe avuto effetti catastrofici sul tessuto sociale e lavorativo della città;
- 64 milioni di euro in cassa, da spendere per saldare i creditori e liberare l’ente dallo stato di assedio da cui noi ci eravamo difesi per cinque anni (e 13 di questi Abbate li ha restituiti perché non sapeva come usarli);
- L’irripetibile chance – grazie al Piano e alle risorse connesse – di un Comune pronto a ripartire in una condizione di normalità e di stabilità, che Abbate ha rimesso in men che non si dica in definitivo pericolo, come la Corte dei Conti stessa ha certificato parlando di “carenza strutturale di attendibilità, affidabilità e sostenibilità del bilancio dell’ente”;
- Svariati milioni di euro di finanziamenti da bandi regionali ed europei, alcuni dei quali – come quelli per Palazzo dei Mercedari – l’Amministrazione Abbate ha lasciato che andassero perduti;
- Una città che aveva ancora un Tribunale e un Carcere, ma soprattutto che aveva moltissime opere – dalla Chiesa di Santa Maria del Gesù alla Biblioteca, dal Castello dei Conti alla Rotatoria di Dente Crocicchia – pronte per essere aperte o perlomeno avviate, di cui Abbate si è potuto prendere il merito del taglio del nastro:
- Una città in cui cultura e turismo cominciavano davvero a costituire il nerbo di una nuova prospettiva di sviluppo, grazie all’investimento economicamente equilibrato ma politicamente impegnativo e strategico che avevamo scelto di fare, come attestava il grande coinvolgimento di molteplici attori (le scuole con i loro insegnanti e alunni, le associazioni, le imprese sponsorizzatrici) nonché il successo in termini di qualità e di partecipazione di alcuni progetti (citiamo per tutti Contaminazioni, Modica miete culture, Nel Solco della tradizione, Welcome to Paradise), fatti poi sparire da Abbate, prima ancora che per esplicita volontà politica, per chiara e manifesta incapacità di coglierne il valore ed il significato;
- Due organismi autorevoli e indipendenti, come la Fondazione Teatro Garibaldi e il Consorzio Turistico, che Abbate ha saputo trasformare in dependance del suo ufficio di gabinetto;
- Una città, soprattutto, che si era finalmente ritrovata come comunità e stava crescendo nella libertà dai condizionamenti e nella bellezza della partecipazione, nel quadro di una relazione che noi avevamo voluto fosse sempre limpida e positiva tra il Comune ed ognuno dei cittadini.
Lo dimostra, su tutto, la condotta con cui abbiamo sempre evitato di “privilegiare” a qualsiasi titolo persino le persone a noi più vicine, scrupoli evidentemente estranei a questo sindaco che così si è guadagnato tanto sostegno.
Ognuno, certo, risponde per sé della propria coerenza e credibilità, ma pare quanto meno bizzarro che si possano impunemente vantare i meriti di un’Amministrazione che si è distinta per una gestione dell’Ente che di straordinario ha avuto solo una spesa fuori controllo e il sovente ricorso a procedure di dubbia legittimità, mentre per il resto è stata assolutamente ordinaria e grigia, esaurendo il suo compito nella cura – prioritaria e spesso clientelare – riservata alle manutenzioni. Un’attenzione importante per assicurare una migliore vivibilità ma del tutto insufficiente ed inadeguata rispetto al compito ben più impegnativo di pensare, progettare, accompagnare lo sviluppo futuro di una città come la nostra, le cui legittime ambizioni speriamo dal 10 giugno possano essere affidate alla guida di un ben più illuminato sindaco… capace di andare oltre.
Nel frattempo, ci sentiamo almeno di voler raccomandare ai cittadini di non lasciar offendere ancora la loro consapevolezza ed intelligenza e ad Ignazio Abbate di desistere dal considerarli a tal punto smemorati, ingenui e creduloni: la smetta con le mistificazioni sul passato e, se non sa parlare di futuro, si accontenti di raccontare il suo presente e su questo di essere giudicato”.