Si sono spente da poco le luci sulle due giornate ricche di informazioni sulla patologia Alzheimer in un convegno “Caregiver formali ed informali di persone con demenza” che si è tenuto a Modica il 19 e 20 gennaio. Una partecipazione che ha registrato la presenza di molti operatori del Settore ma anche di tante associazioni di volontariato.
Un successo fuori da ogni previsione per i temi affrontati con grande professionalità ma soprattutto con una connotazione, imperante, di carattere umano che ha reso gli interventi dei relatori di forte coinvolgimento e interesse.
Annalisa Baglieri, psicologa e psicoterapeuta del Centro Diurno Alzheimer dell’Asp di Ragusa e Maria Dipasquale, presidente dell’Afar possono essere fiere del grande successo che l’evento ha riportato su tutti i fronti.
Una patologia, l’Alzheimer, devastante che purtroppo colpisce sempre di più persone. Le ultime notizie di una nota casa farmaceutica che ha deciso di abbandonare la ricerca, argomento ricorrente durante i lavori, ha creato nelle persone sconcerto e preoccupazione. Ma dagli interventi degli autorevoli Relatori l’aspettativa di trattare la patologia con approcci nuovi e paradigmi alternativi hanno, in parte, riacceso “la luce della speranza”.
La promozione della ricerca medica e scientifica sulle cause, la cura e l’assistenza alla malattia Alzheimer questi i temi che l’evento ha voluto promuovere. Una diversa visione della persona con demenza, perché da questa malattia, ladra della memoria, del ragionamento e della personalità, è necessario svincolare i pregiudizi nei confronti dello stigma che spesso la accompagna.
Diversi i momenti di profonda emozione ma anche di commozione: la proiezione del corto: “Lettere a mia figlia”, presente anche il giovane regista Alessio Giuseppe Nuzzo, che ha spiegato le motivazioni che lo hanno portato alla realizzazione del film breve. «Sono partito dalla mia esperienza familiare e ho iniziato un percorso di approfondimento, quasi un’osservazione sul campo. Ho visitato molte Strutture dove questi pazienti vengono presi in carico. Da qui ho deciso di trasferire queste vite, impresse nella mia mente, in un corto. L’attore perfetto al ruolo: Leo Gullotta. Un’interpretazione fantastica e straordinaria. Un padre che si rende conto di entrare sempre più spesso nei momenti “vuoti, neri” e decide di scrivere alla figlia, Michela, per non dimenticare quello che era stato. Un uomo, un marito e soprattutto un padre. Il rapporto tra padre e figlia, un tratto amaro che non vuole essere solo un ricordo, ma l’amore può e riesce a superare qualsiasi barriera, anche quella atroce della perdita della memoria, il dissolversi dei ricordi, Un amore che oltrepassa i liniti imposti da una patologia che esiste ma si nasconde, l’Alzheimer.» Poi la trasposizione delle immagini in parole con la stesura del libro. Nello scrivere il testo l’autore: “chiuso gli occhi ed ho pensato e creduto che il rapporto tra padre e figlia fosse più forte, più profondo di quello che ho avuto modio di vedere di persona.”
Infine la testimonianza di due familiari che svolgono, come tanti altri, attività silenziosa di assistenza. Persone che si prendono cura amorevolmente dei propri cari. Accorata la testimonianza di un marito che ha raccontato l’esperienza che sta vivendo accanto alla compagna della sua vita. Amarsi ancora, nonostante la malattia, che non dà nessuna possibilità di scampo. Un amore forte senza confini né di tempo né di luogo, di quelli che si giurano sull’altare. Un’unione salda che non teme i sacrifici che la malattia richiede, da non sentirli quasi, sgretolati dall’appagante sensazione di far del bene all’altro e di averlo ancora accanto.